"Chi ha subito un danno è pericoloso perchè sa di poter sopravvivere", è la celebre frase di un altro film che tentava, con meno successo, di rappresentare come la fine del grande amore della vita di un individuo può diventare malattia dell'anima. Perchè l'amore, quello che capita una volta nella vita, quello con la A maiuscola che è pura irrazionalità, puro delirio e pura passione bussa a mio avviso, alla porta sempre nel modo sbagliato e al momento sbagliato e difficilmente dura più di un fuoco.

Ciò che Wong Kar Wai riesce magistralmente a rappresentare in questo intenso film è ciò che accade nel mondo interiore dopo aver amato così, dopo aver sentito nell'altro la completazione di sé anche se solo per poco. Dove la ragione fa emergere il cinismo, porta alla rielaborazione di un lutto e alla distruzione dell'oggetto d'amore per poter continuare a sopravvivere il mondo interiore fa l'esatto contrario perchè nei sensi è come se determinate emozioni fossero registrate per sempre e bastasse un piccolo dettaglio, una voce lontana, una canzone, un gesto o uno sguardo per riportarle alla luce.

E' in questo stato che il protagonista del film Chow si muove nella suggestiva Hong Kong del 1966, sospeso fra il cinismo di chi è "sopravvissuto" e la bramosa ricerca si quelle sensazioni perdute, non è altro che un misero untore pronto ad elemosinare emozioni forti da qualsiasi donna che possa riportargli alla memoria il suo unico amore ma che a sua volta "toccata" da lui, come lui, non amerà più.

L'illusione dell'amore ritrovato si può creare solo in una dimensione sospesa fra sogno e realtà perchè appena l'immagine è messa a fuoco perde ogni tensione ed ogni valore e colei che racchiudeva una promessa di felicità diventa poco più della squallida amante di una squallida giornata.

A fare da collante fra i suggestivi fotogrammi, la claustrofobia degli interni, i continui flash back, la sensualità dei corpi, degli sguardi e ai sottili giochi di seduzione è la musica.
L'ascolto della colonna sonora del film ci riporta immediatametne alle sensazioni che abbiamo provato guardandolo ed interiorizzandolo.
Fra un valzer, un tango ed una rumba ritorniamo a percepire la danza macabra dei sentimenti dei protagonisti che possiedono tutti gli elementi per arrivare alla felicità ma che scelgono di vivere nel passato e quindi nell'infelicità
Il tema principale curato da Shigeru Umebayashi, come per "In The Mood For Love" è un vortice che torna ossessivamente intervallato dall'ironia di "Sway" o "Siboney" oppure dalla solenne "Casta Diva" o ancora dall'intrigante "Polonaise" a sottolineare magistralmente ogni passo, ogni gesto ed ogni sguardo.
I suoni, che sembrano uscire da una vecchia radio polverosa si dilatano per ricreare la stessa sensazione di intreccio fra spazio, tempo, sogno, realtà ed emozioni forti che il film vuole trasmettere.

Semplicemente meravigliosa!

Carico i commenti... con calma