A pochi mesi dalla fine del festival di Sanremo, delle sue inevitabili polemiche e dati Auditel deludenti mi sono chiesto se in una società sempre più ostile alle tradizioni e alle ricorrenze siamo davvero diventati festival-intolleranti?
Il fatto che Sanremo faccia parte della cultura popolare italiana è innegabile e l'Italia stessa essendo un paese storicamente nato nelle piazze, vuoi per il clima mediterraneo e per una serie di altri motivi, porta a considerare la manifestazione ligure come alla piazza virtuale preferita dall'italiano. E a proposito di piazze questa estate mi è capitato di assistere ad una kermesse canora, giunta già alla sua seconda edizione, creata da uno studente che ha fatto tesoro di questo concetto servendosi di un'ottima campagna pubblicitaria e adottando una strategia di marketing mirata a giocare con la psicologia di alcuni mitomani. Direttore artistico nonché mattatore della serata, Antonio Casula è riuscito a fare di necessità virtù il suo Leitmotif intrattenendo nella piazza del piccolo centro di Berchidda (Sardegna) più di duemila persone entusiaste per tre ore e mezza di spettacolo ininterrotto ottenendo un enorme successo ed entrando di diritto nelle fantasie e nei pettegolezzi dei salotti mondani, tanto da essere menzionato dal parroco durante la novena dell’anno precedente quando ha esortato i fedeli a cantare come se fossero sul palco quella sera di settembre.
Non si tratta di un vero e proprio contro-festival e ancor meno di dilettanti allo sbaraglio difatti l'esibizione è furbamente concessa solo a talenti locali il cui principale fine è quello di suscitare le invidie dei propri compaesani (o degli spettatori) che a loro volta iniziano a sgomitare per prenotarsi come protagonisti all'edizione dell'anno successivo. L'intento è quello di trasformare una realtà a volte monotona e ripetitiva in uno spettacolo che mira a stravolgerla dando la possibilità agli annoiati cittadini di prendersi una rivincita, di redimersi da quella mediocrità che è caratteristica del quotidiano di un piccolo centro e di godere di quei 15 minuti di notorietà che Warhol sosteneva con convinzione.
Fortemente ispirato dal motto di un noto varietà televisivo italiano che recitava "Non invidiare i divi della Tv, quello che fanno loro fallo tu!", il direttore artistico riesce nel suo intento ovvero dare a tutti la possibilità di sentirsi importanti per una notte, di avere il "potere" tra le mani permettendo così al pubblico di partecipare attivamente e passivamente allo spettacolo. Una prima serata d'estate richiede un look impeccabile ed Antonio completamente fasciato in un abito nero Iceberg non ha fatto sconti a nessuno in quanto a classe ed eleganza suscitando un po' di disagio da parte dei 12 artisti che si succedevano sul palco sapendo di essere momentaneamente oscurati dal suo carisma e dalla sua presenza scenica. Direi che si è assistito più che ad un festival della musica ad un festival del narcisismo e Mr. Casula come un novello Thackeray ci offre la sua versione moderna di questa "Fiera delle Vanità" in cui come un abile maestro dei giochi muove le sue creature a piacimento poiché esse sono disposte a tutto per apparire perchè solo chi è sotto i riflettori viene considerato anche se a rischio di una brutta figura. Perciò Antonio trae giovamento da questa commedia umana dove i valori si identificano nel fare mostra di sé e nel conquistarsi una performance, necessarie per il soddisfacimento del proprio ego.
Se d’estate vi capitasse di passare per il nord Sardegna non perdete l'appuntamento per i primi di settembre perchè nell'insieme è piacevole trascorrere un po' di tempo in un mondo brillante e divertente in cui sono le persone comuni a dettare le regole seppure per soli 15 minuti. Foto e locandina pubblicitaria curata da Andrea Sanciu.
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