Strani giorni, i nostri. Giorni in cui il "The Guardian" pubblica - copertina storica, va da sè - una prima pagina totalmente nera. Al centro, se ci si sforza, si riesce ad intravedere una minuscola scritta nera: c'è scritto "Oh mio Dio". L'"Indipendent", invece, divide la sua prima pagina in quattro parti: guerra in Afganistan, guerra in Iraq, guerra in Palestina, guerra in Africa. Al centro: "Ed altri quattro anni".
Strani giorni, dunque, sono quelli che vedono l'uscita - a distanza di vent'anni - del più grande concerto di musica rock, un colosso mediatico capace di incollare allo schermo un miliardo e mezzo di persone, di riunire simultaneamente le più grandi figure musicali dell'epoca in tre continenti diversi, e di raccogliere oltre 140 milioni di dollari per combattere la fame nei territori africani.
Il 13 luglio del 1985, dai palchi di Wembley e dello stadio JFK di Philadelphia e sotto la guida tenace di Bob Geldof, divisero la notte star del calibro di Elvis Coltello (sua la dolente "All you need is love"), Sting ("Roxanne"), gli U2 di "Sunday bloody sunday", la Joan Baez delicata e rovente di "Amazing grace". E poi, Neil Young, Eric Clapton, la lunga e splendida perfomance dei Queen, il Bowie di "Heroes", gli Who e Reo Speedwagon, i Cars di "Heartbreak City". Una cosa meravigliosa.
Ma nulla al mondo è mai perfetto, e così eccoti (incastrati come una splendida barzelletta) il pop annacquato di Madonna, il duetto zuccheroso di Elton John e George Michael, gli Spandau Ballet e un Bryan Adams fanciullo ma anche allora insopportabile. Poca cosa, invero, e del tutto perdonabile. Nulla è perfetto, finanche le più piccole cose: figurarsi i giganti.
Poco prima, c'era stata la "Do they know it's Christmas", "singolo" anomalo ma di enorme successo commerciale, cantata a due voci da Geldof e Midge Ure. In Italia, anni dopo, ci capitarono Luca Carboni e Jovanotti.
Nulla è cambiato da allora, e la pubblicazione di questo documento eccezionale in questi nostri strani giorni non fa altro che confermare di come il nostro sia un mondo alla rovina, un mondo dove il bambino che 20 anni fa sopravvisse, oggi è divenuto un uomo probabilmente sopravvissuto al proprio figlio.
Nulla è cambiato da allora, ed ora, a distanza di vent'anni, si riparla nuovamente di Live Aid, di un progetto ancora maturato nella testa del buon Geldof, e si fanno i nome di Coldplay, Travis, Snow Patrol, Franz Ferdinand e compagnia giovane cantante: si vedrà. In Italia, se tutto andrà bene, non è improbabile che ci tocchi ancora Jovanotti.
Un monumento visivo assolutamente da avere, un attestato magnifico sulla ricerca di un mondo migliore attraverso l'uso dell'arte.
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