Ovvero: il fondo del fondo del barile.

Molte le domande che possono porsi, davanti a un'operazione del genere, anche se la voglia potrebbe esser quella di non porsi alcuna domanda, tirare una madonna, e cambiare discorso. Ma poi si legge che è il disco prenatalizio più venduto nel nostro povero paese, e qualche ragionamento, per noi che amiamo la musica (scriverne, ascoltarla, farla...) s'impone.

Tenendo fermo il fatto che di fondo del barile si tratta. Di una sorta di micro - antologia come quelle pubblicate (dio mi perdoni) da Neil Young, Springsteen, Beatles e molti altri. E le domande da porsi possono essere le seguenti.

Ha senso quest'operazione?

Se uno si mette in un punto di vista storico, cercando di non far caso all'antipatia (per molti) ed al paraculismo (per tutti...) del personaggio, non si può che arrivare alla conclusione che l'operazione è uguale, o perlomeno simile, a migliaia di altre nel corso della storia della musica cosiddetta leggera. Dunque non possiamo obiettare di più o di peggio solo perché si tratta di Vasco Rossi e non d'un altro (pensateci: in operazioni di questo tipo son cascati tutti, anche i migliori... persino Waits..., ovvio ciascuno col proprio prodotto e con la propria qualità... ma di questo parliamo dopo...).

I fondi dei barili, appunto, sono tutti uguali?

Prendiamoci qualche esempio: la Antologia giunonica dei Fab Four e i Bastards ecc... di Waits. La risposta è,: no, non sono tutti uguali. Non sono uguali perché uguale non è, ovviamente, la qualità del prodotto. Ma se sul punto non insistiamo dal momento che i gusti sono gusti e ogni scarrafone è bello a mamma sua, possiamo certamente dire che uguali non sono le intenzioni e le produzioni.

Nei Bastards di Waits, così come nei Tracks del Boss, troviamo un vero e proprio tesoro di opere minori, uno tzunami di inedite, di scarti, la maggioranza dei quali trovano giustificazione -in quanto scarti- solo e soltanto nella testa dell'artista.

Diverso il discorso per l'Antologia dei Beatles, più vicina, sebbene ben più grandiosa, a Vasco: poche inedite, molte alternative takes e qualche trucco.

Ultima domanda: in concreto, è buona quest'operazione?

Sì e no. Le prime tre tracce sono inedite. La prima è la cover hits radiofonica, di cui tutti han detto tutto e io dirò nulla (potrebbe, nel bene e nel male, meritare una recensione a sé stante). La seconda è una buona ballata da Vasco minore, la terza è uno scartino simpatico, ma che è giusto sia, o sia stato, tale.

Poi parte una schiera di versioni live inutilerrime di brani minori e bruttini, per arrivare poi, finalmente, alle cover conclusive.

"Il Tempo Di Morire" è buona, piena di energia, la salviamo. "Ragazzo Di Strada" funziona benissimo, e già ce ne accorgemmo a suo tempo nel concerto del primo maggio. E "Amico Fragile", non certo inedita in questa versione, è a mio avviso davvero bella. Vasco è uno sguarato, un'industria, un autore finito (per molti mai iniziato), ma in questa interpretazione ha messo anima, vita, sentimento, commozione. Per me è una versione bellissima ed assolutamente non inutile.

Bellina anche la propria "Sally", nuda e cruda, voce e chitarra.

Disco che ci sta, in fondo, ma che è folle, e sintomatico al contempo, vedere al top della classifica.

Tant'è: se non c'era lui c'era la Pausina o Titty Iron, non certo altri.

Allora, quantomeno, è uguale, o leggermente meglio.

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