Ben prima degli orrori Romeriani di fine '68, ben prima della concezione di "morto vivente" come mostro aberrante mangiatore di carne viva, questa'opera del misconosciuto Victor Halperin sviluppa le tematiche discendenti dalle superstizioni hoodoo, tipiche delle popolazioni africane innestate nei territori centrali del nuovo continente.

A differenza del vodoo, ovvero l'aspetto prettamente religioso dell'immaginario afroamericano, il hoodoo rappresenta tutto ciò che è magia, leggenda, mistero: artisti del suono passati alla Storia come Muddy Waters, Robert Johnson, John Lee Hooker parlavano di amuleti ("mojo"), incantesimi e maledizioni. Nel 1932, "White Zombie" (in italiano, "L'Isola Degli Zombies") lasciava la sua impronta nascosta ma fondamentale per la cinematografia dell'orrore a venire.

L'intreccio esposto nei 75 minuti scarsi dell'opera è semplice: una coppia di americani celebra le proprie nozze ad Haiti, dove "i morti vengono seppeliti per strada, dove c'è gente", e cade nella trappola di un ricco proprietario terriero innamorato della sposa. A tramare nell'ombra, uno stregone (Bela Lugosi) che ha il potere di soggiogare al suo volere tramite una potente droga.

A dare forza a questa pellicola è la splendida atmosfera ricreata, e alla narrazione stringata che lascia spazio a momenti inquietanti e memorabili, pur presentando ingenuità recitative e concettuali abbastanza evidenti, anche (ma non solo) a causa dell'epocale venuta del sonoro. Il tutto giocato sul contrasto tra le zone d'ombra e le pallide figure che le attraversano, estremizzando l'ovviamente obbligato bianco e nero a funzionalissimo mezzo espressivo. La notte impenetrabile e la pelle bianchissima della sposa, sottomessa alla malvagità del malvagio Lugosi. Da ricordare: la scena all'interno della fabbrica, dove gli zombie (morti viventi o ipnotismo?) lavorano all'unisono senza alcun bagliore di lucidità nel viso; la disperazione del protagonista, ubriaco e tormentato dal dolore per la perdita della moglie; le musiche africane ossessive; il finale, ancora una volta ingenuo ma ben realizzato, quasi a far sembrare l'intera vicenda solamente un incubo.

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