Noi occidentali siamo abituati da secoli di influenze latine e greche (che misero le basi della drammaturgia moderna), a concepire le storie con un inizio, uno svolgimento e una fine.
Capita però, nello sterminata proposta dei film che si riescono a vedere, di imbattersi anche in film come questo CUBE (trad: Il Cubo - 1997) dell’italo-canadese Vincenzo Natali, un film che difatto NON HA inizio, che è un incrocio tra un trattato base di psicologia, un film di fantascienza e un sunto di strategia militare applicata ai comportamenti umani in situazioni-limite.

La storia è quella di sei personaggi che si ritrovano, senza motivo e senza un perché, in un ambiente “simbolico”, privo di ogni elemento conosciuto ai protagonisti, intrappolati in una specie di “non-Luogo” da dove dovranno andarsene cercando l’unica via di uscita possibile.
Un film “a incastro” dove per ogni prova superata, se ne accollano altre di natura fisica e psicologica. E così tra trappole, trucchi, sciarade e rebus, i 6 individui, dopo fratellanze, tradimenti, inganni e nuove alleanze, verranno decimati fino a quando, uno solo, riuscirà a trovare la via di fuga.

Un film ansiolitico, claustrofobico, allucinante e spietato che scandaglia un’ampia gamma di emozioni, dall’odio all’innamoramento passando per il tradimento e la cospirazione ma che nasconde anche un secondo piano di lettura, al di là del film d’ intrattenimento vero e proprio.
La pellicola sembra infatti voler rappresentare la Storia dell’Umanità, la crudeltà nel suo divenire in un simbolismo davvero unico nel suo genere, che ci fa capire come è fitta e complessa la ragnatela dei rapporti che intercorrono tra le persone (tanto più tra persone che NON si conoscono) e quanto è difficile relazionarsi e condurre un gruppo di persone nell’intraprendere decisioni e scelte coraggiose, specie se in gioco è la vita stessa del branco e dei singoli individui.

Questo CUBO, se vogliamo, è un concetto astratto che rappresenta le avversità della vita stessa, in un rimando di collegamenti relazionati tra loro in una logica (e spesso anche non-logica) spietata che non ammette errori o distrazioni. Le regole del cubo sono semplici: unico obbiettivo è fuggire dallo stess, ogni regola è buona, vale ogni teoria, ogni mezzo, ogni dettaglio, tutto ovviamente nel rispetto delle regole di comune convivenza (almeno all’inizio!).
Un gioco al massacro che, pur inizialmente salvaguardando un certo decoro nelle relazioni, farà piano a piano emergere i lati più istintivi e triviali dei sopravissuti, sempre meno numerosi e sempre più interessati a portare a casa la propria pellaccia!. Chi sbaglia paga e non esiste delega o modo per svincolarsi dalle proprie responsabilità.

Film a low budget pensato su un’IDEA originale e spiazzante (niente scenografia a parte l’interno del CUBO), una REGIA agile e scattante e una SCENEGGIATURA che spacca il capello in quattro. Un cast davvero coivolgente e credibile, completa il tutto, riusciendo a trasmetterci l’ansia che via via si impossesserà di ognuni di loro.
Un film che coinvolge pure noi, impavidi spettatori, e che ci fa prendere coscienza di come possa esistere una specie di Ordine Superiore delle cose che manovra il mondo e che altera a suo piacimento il rapporto viziato tra causa ed effetto, in una specie di scacchiera che sposta, spesso senza un perché, le sue pedine e che ci fa sentire, il più delle volte, inermi davanti all’ineluttabilità degli eventi.

Per me UN CAPOLAVORO di logica, ingegno, azione e pathos… insomma, in una frase: cinema “povero” ma ricco di idee e di intelligenza!

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