Non c'è un motivo particolare che può spingere qualcuno a ricorrere ai dischi di Vinicio sopratutto quando ne hai le palle pieno di tutto e tutti, quando sei a un dannato bivio e non sai che strada prendere. E la sera prima ci hai dato dentro, perchè la corda ogni tanto si allenta anche a noi e dopo sperimenti "il gusto amaro del mattino" mentre il tempo scorre impietoso "lancette d'orologio... vi farei girare".
Ora, direte voi, Vinicio sul fatto di essere un loser bohemien un po' ci marcia, ma siccome al cuor non si comanda come si fa a non adorare uno che canta "perchè vivere è fatica senza manco un'illusione, un sogno usato, un'invenzione" quelle inezie che ci fanno andare avanti, malgrado tutto a rincorrere i nostri sogni scalcinati e a sognare amori impossibili "noi corriamo sopra un filo, una stagione, un'inquietudine sottile".
Ma veniamo al disco: terzo capitolo di Vinnie con la collaborazione di Antonio Marangolo. n questo disco comincia a definirsi la personalità del nostro, gli ingredienti sono pressochè gli stessi dei dischi precedenti, ma comincia a definirsi il percorso che lo porterà alla maturazione definitiva. "Zampanò" ad esempio si muove su schemi stilistici più lontani mille miglia dalla morbidezza cool jazz di Amburgo con quella tromba mantata di velluto di Paolo Fresu. "Furore" sembra sorella di "La notte se n'è andata", stesso stile, stesse visioni di umanità borderline.
Che il lavoro di Marangolo comincia a stare stretto a Vinicio è testimoniato dal "Fantasma delle tre". C'è un'apparente contraddizione tra la musica che sembra più un puro esercizio stilistico e il testo, puro distillato di filosofia caposselliana, una di quelle canzoni canaglia che smascherano l'autore. A testimonianza di ciò sarà lo stravolgimento che l'autore apporterà alla canzone in Liveinvolvo, un'accompagnamento più consono che ridà alla canzone la veste più idonea.
I pregi di questo disco sono da ricercare nelle immagini da film di "Tornando a casa" e "Il mio amico ingrato" sono punti di forza dell'autore e conservano un disincanto e un lirismo espressivo non comune."Guiro" è un puro divertissement che in un disco così ci può anche stare e in "Camera a sud" il nostro riesce a dare un dipinto dai toni soavi prendendo a prestito il puro spirito saudagi, un modo sottinteso per omaggiare quel Sud che spesso ricorre nelle liriche caposselliane.
Comunque il disco rimane un opera di alto livello, forse uno dei dischi più "light" di Vinicio, il più accessibile, sopratutto il disco da cui partire per conoscere il mondo chiaroscuro di Vinicio ricco di malinconiche inquietudini, stanze personali nelle quali sovente rischiamo di trovarci.
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