No, non centra nulla con il mio bat-nickname. Dopo il successone di Speak No Evil il grande Wayne Shorter, uno dei più grandi e rivoluzionari sassofonisti sulla piazza, ritorna a farsi sentire con un album stupendo, "Adam's Apple", esattamente un anno dopo l'uscita del suo precedente successo.

Il pomo d'Adamo, colto dall'albero della conoscenza, è il significato che la Bibbia dà alla sete di sapienza dell'uomo, e questo disco, personalmente, esprime proprio questa sensazione: è un album che va alla ricerca di nuove tecniche espressive, che esprime una carica, una vivacità e una razionalità unica nel suo genere.

L'omonima prima traccia del disco è piena di vitalità ed emana una curiosità e una voglia di scoperta che risulta quasi impossibile spiegare le emozioni che esprimono le note emesse dal sax-tenore di Shorter in questa traccia. La seconda traccia intitolata 502 Blues (Drinkin' & Drivin') è una reinterpretazione del brano di Jimmy Rowles. Esso appare calmo e razionale, ma facendo attenzione al modo di suonare di Shorter sembra proprio di trovarsi accanto ad un ubriaco alla guida, che farfuglia qualcosa di senza senso. El Gaucho, il brano successivo, è un altro pezzo del signor Wayne ben ritmato e vivace, ottimo per quando si vuol fare una bella passeggiata in allegria. Il quarto brano, Footprints, è un brano piuttosto furtivo e tranquillo, molto rilassante ma anche tecnicamente complesso, veramente degno di nota.
Teru è il pezzo più rilassante dell'album. Il sax di Shorter sussurra melodie adorabili e piene di passione, un pezzo che vi farà innamorare della parte più sensibile di questo straordinario artista. Con Chief Crazy Horse si ricomincia a molleggiare le spalle e il busto, ma moderatamente. È un pezzo piuttosto brioso ma molto composto, visto che ci troviamo a casa del 'capo'. Le uscite dei quattro strumentisti sono piuttosto tarate, come si può sentire nell'aria, ma nonostante ciò sono libere e cariche di emotività. L'ultimo pezzo, The Collector, è un pezzo del pianista Herbert Jeffrey Hancock ed è un brano di assoluto stampo bop, ricco di virtuosismi tecnici da parte dei quattro componenti del gruppo: Wayne Shorter, Herbert Jeffrey Hancock, Reginald Workman e Joe Chambers. Il fatto che il pezzo sia stato messo alla fine dell'album lo interpreto come un segno liberatorio verso alcune oppressioni descritte nei vari brani del disco, chiudendo questo allo stesso modo in cui era iniziato.

A mio modesto parere questo album supera di gran lunga "Speak No Evil" sotto molti aspetti; album indispensabile per gli amanti del genere ma anche per chiunque voglia iniziare a sentire un po? di 'jasi' fatto bene senza esagerazioni come nello stile Bop. Uno tra i migliori album che abbia sentito, uno tra gli album più carichi di emozioni che abbia mai ascoltato. BE-BOP!

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