“È il popolo che fa la politica o è la politica che fa il popolo?”

Quanto è difficile guardarsi dentro, e vedere i propri limiti e difetti. È anche per questo che sono importanti le persone che ci amano, con sincerità disinteressata, ci possono rivelare gli aspetti della nostra personalità che potremmo e dovremmo migliorare, sempre che da nostra parte ci sia la volontà di affrontare la vita con un certo impegno e dedicazione.
E se ciò che è dentro è anche fuori, e se nel micro troviamo il macro, potremmo riflettere su come sia difficile guardare alla realtà italiana con un certo distacco. Potrebbe sembrare che esistano gli stessi meccanismi che ci nascondono la nostra indole, che ci invogliano a vivere con una certa leggerezza, passando sopra a cose per le quali bisognerebbe invece restare indignati, e queste cose sono diventate veramente troppe.

La democrazia italiana è malata da troppi anni, un sistema totalmente instabile dove i governi cadono come le pere. E se aveva trovato un poco di ossigeno con Pertini come presidente e Spadolini al governo, Craxi, con il suo crudele gioco, l’ha soffocata del tutto.

Bisognava allora rinascere; la classe politica era completamente deleggittimata, bisognava trovare quella strada del cambiamento, e chi meglio di lui poteva impersonare questo, chi se non il cavaliere, l’uomo simbolo di quell’Italia imprenditoriale carica di valori materiali ma anche morali.
Si morali! Perché il lavoro ci dicono sia il valore piú importante, ti permette di guadagnare denaro, creato dal nulla dalle banche e con questo spendere per dare lavoro anche agli altri, e cosí via, senza pensarci su troppo. E chi meglio di lui poteva impersonare questo valore?
E chi meglio di lui poteva impersonare con il suo carisma e il suo sorriso, il mondo delle immagini, dell’apparenza, della superficialità e della leggerezza?

Il resto lo conoscete e non mi voglio dilungare troppo, ma è sempre bene ricordarci ogni tanto dove siamo andati a finire, e questo documentario (a quanto pare censurato in Italia) serve a noi italiani proprio a questo, guardare la nostra realtà con gli occhi disincantati di un network americano.

Ma fa male e fa soffrire anche me che pensavo di essere antipatriottico, di non avere piú nessun sentimento per la mia Italia, invece no! Piango, piango nel vedere il mio paese ridotto allo sfacelo, comparato a una repubblica delle banane, un paese dove mi rendo conto esiste una dittatura perfetta, una dittatura democratica dove non sono piú necessarie la forza e la violenza tipiche dei regimi passati. Ma forse questo non si può dire, e sè cosí fosse cari editori pensateci pure voi a tagliare qualcosa.

Negli anni venti gli Italiani sono stati precursori di un nuovo modo di fare politica, forse è un primato che la storia di fine millennio ci darà di nuovo.

Vorrei lasciarvi con qualche parola di speranza, ma non ne trovo nessuna, mi dispiace…

P.S. La foto che accompagna questa recensione è relativa al momento in cui Silvio invita l’europarlamentare tedesco a recitare in un film italiano sui campi di concentramento.

Carico i commenti... con calma