Ci sono opere, in ogni campo dell'arte, che conducono in uno stato diverso della dimensione artistica; e, conseguentemente, in una stato diverso della coscienza. Opere dotate di una stuttura espressiva autonoma, un'assolutezza che si trova ad esempio in musica. L'arte figurativa non sfugge a questa regola o peculiarità: William Turner, pittore inglese che ha esercitato la sua arte prevalentemente nella prima meta dell'800', è un artista a cui si devono opere fortemente improntate a queste caratteristiche. Inquadrato, forse non del tutto esattamente, nella corrente romantica, è stato un artista che a goduto di in vita lunga ed estremamente produttiva, dai disegni al tratto, agli aquerelli, fino ai più compiuti dipinti a olio. Ed è, anzi, senza nulla togliere alla sua grandezza di disegnatore e di acquarellista, in questi dipinti che raggiunge il massimo della sua arte, del tutto unica, ad avviso di chi scrive. Fondamentalmente un paesaggista, Turner ha sviluppato una concezione dell'arte figurativa del tutto unica, che, a mio avviso, trova il suo apice in un opera che tocca i vertici di una assolutezza comune a tutte le grandi oper dell'arte di tutti i tempi: l'opera si intitola "Interno a Petworth" e rappesenta l'interno di una sala del palazzo di Petworth, in cui l'artista soggiornò, ospite di un mecenate. E' un opera in cui si ritrovano riassunte tutte le caratteristiche del Turner più maturo: "Non ho dipinto perchè la gente capisse, ma per mostrare che aspetto aveva quello spettacolo" soleva dire Turner a chi gli chiedeva il significato delle sue opere; E' appena possibile osservando "Interno a Petworth" capire che si tratta di una sala di un grande palazzo. Il resto, è opera dell'osservatore assimilare tutte le "informazioni" espressive che scaturiscono da questa opera. L'osservazione di questa sala porta ad uno stato diverso della coscienza: E' impossibile dare un senso compiuto all'interpretazione di questo straordinario dipinto. Ma è proprio questa impossibilità, a costituire il segreto delle opere tarde di Turner ed in particolare "Interno a Petworth". E' come se nell'osservatore si mettesse in moto un meccanismo mentale ed emozionale che fa desiderare di essere in quella sala...Figurativamente si tratta di un grande salone su cui si apre una sorta di abside piena di luce abbacinante, e non si sa se si tratta proprio di un abside, o se essa conduca ad un altra stanza. La sala è piena di elementi appena distinguibili: si intravedono dei tendaggi, una sorta di cassapanca, una cosa, sulla sinistra riconducibile ad una fontanella ecc. Ma tutto questo non ha importanza ai fini della potenza espressiva dell'opera. Come detto precedentemente, il desiderio di trovarsi in questa sala è cosi forte da far passare tutto in secondo piano. E' la forza della grande arte, di tutti i tempi, in qualsiasi campo. Scaturisce da questa visione un senso di pace che può provenire solo, non da un capriccio umano, ma da una sorta di legittima necessarietà. Come se l'artista si facesse tramite di una sorte di verità, proveniente non dai recessi della sua mente, ma da una dimensione a lui estranea, totalmente spirituale. Con questo concetto si può tranquillamente concludere l'analisi di un opera veramente senza tempo, assolutamente compiuta e autonoma nella sua forma espressiva.

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