"Un cowboy fa sempre colpo"

 C'è una scena all'inizio del film che è emblematica: il mite artigiano Jonathan solleva una cornice da poco terminata e ci guarda attraverso, il suo volto sembra prigioniero di quelle quattro linee, come a preludere la macchinazione che lo coinvolgerà.

 Wim Wenders nel 1977 veniva dalla cosiddetta trilogia della strada, perché allora tanto interesse nel convincere la scrittrice Patricia Highsmith a cedere i diritti di uno dei suoi gialli, Ripley's Game? Wenders ha comunque in mente di adattarlo in qualche modo alla sua teoria del movimento, ambienta il  film in una livida Amburgo: i due protagonisti, il corniciaio Jonathan Zimmerman (Bruno Ganz) è uno svizzero, il faccendiere Tom Ripley (Dennis Hopper) è americano. Entrambi sono degli sradicati, ("sono confuso...ho nostalgia di casa") hanno la propria vita ma sono irrimediabilmente attratti da quella dell'altro.

  Jonathan nella sua esistenza tranquilla e monotona è affascinato ma impaurito da quella misteriosa dell'americano. Tom nella sua grande villa continua a scattarsi  fotografie con la Polaroid e a registrare la sua voce, come a cercare conferma di esistere veramente, perso com'è nella sua vita disordinata e senza uno scopo ("Lei è fortunato, appena termina un lavoro può vedere la sua opera", dice ammirato al corniciaio).

 La storia segue i ritmi del thriller e del gangster film ma ne rovescia i connotati. Jonathan ha la leucemia ed è costantemente sotto controllo medico, sa che non vivrà a lungo per vedere invecchiare la giovane moglie e il suo piccolo bambino. Ad un'asta conosce Tom Ripley, un americano come lo immaginiamo noi tutti: sicuro di sé e con il cappellone da cowboy, che fa il mercante di quadri ma ha una brutta fama. Infatti è d'accordo con il pittore Derwatt di New York che si fa credere morto per avere una quotazione maggiore dei quadri che ancora dipinge.

 Lo scortese incontro suggerisce a Ripley l'idea di consigliare il corniciaio al suo amico gangster Raoul Minot, che cerca un insospettabile per uno, forse due omicidi, di mafiosi concorrenti. Il mite Jonathan, spinto dai risultati allarmanti dei referti medici falsificati, accetta di fare il killer in cambio di denaro per assicurare una decorosa esistenza ai suoi cari.

 E' l'inizio del dramma che lo porterà in una vertiginosa escalation a diventare "amico" di Ripley fino al tragico finale. Curiosamente è il primo dei protagonisti di Wenders ad avere casa e famiglia, delle "sicurezze"  che  ironicamente finisce per distruggere mentre cerca di proteggerle.  

 Il rovesciamento dei connotati del genere gangster Wenders lo applica soprattutto nelle scene dei due omicidi che Jonathan dovrà commettere. E' un killer ridicolo, che si addormenta e lascia spuntare la pistola dall'impermeabile, che sbatte con la fronte nel palo della luce. Nel secondo omicidio sul treno è aiutato da Tom, altrimenti non ci riuscirebbe, ma anche qui la scena è giocata su un piano straniante: il biglietto passato al controllore dalla toilette chiusa, la donna che aspetta il suo turno fuori mentre dentro avviene l'omicidio, la liberazione del cadavere dal treno in corsa con Ripley penzoloni. Ancora, nella regolazione dei conti finale la colluttazione nell'ambulanza sfiora la caricatura tra corpi bendati come mummie e le fleboclisi traballanti .

 Questo è un Wenders ormai maturo, che ancora una volta, come nel precedente Nel corso del tempo, fa un discorso sul cinema. Se in quello aveva usato la metafora del road movie, qui utilizza quella del genere classico statunitense del gangster movie: Tom Ripley è il cinema americano, intraprendente nella sua consapevolezza di attrazione e potenza, Jonathan è il passivo spettatore europeo che, nella sua normalità, ne subisce il fascino ed è risucchiato nella sua dimensione fantastica. Non a caso Wenders per gli interpreti mette in campo tutta un'iconografia. Da un lato il "normale" Bruno Ganz (Jonathan), dall'altra Dennis Hopper (Rypley) uscito malconcio da "Easy Rider" e i registi Nicholas Ray (il pittore Derwatt), Sam Fuller, Peter Lilienthal, Jean Eustache (i gangsters mafiosi).

 Anche noi siamo spettatori e per due ore restiamo immersi nell'universo figurativo di Wenders, che stavolta lascia il bianco e nero per una scena dominata da un livido blu lacerato da colori caldi, come il maggiolino rosso di Jonathan sulla spiaggia sotto il grigio cielo nuvoloso, con Ripley allucinato che canticchia l'infantile filastrocca ... ce l'abbiamo fatta, ce l'abbiamo fatta....

Carico i commenti... con calma