Nati da una costola dei già celebri e celebrati 16 Horsepower, i Woven Hand sono stati una sorta di progetto personale e alternativo del leader e fondatore dei suddetti - David Eugene Edwards - a partire dal 2001. In una fase in cui - pare - i 16 Horsepower non appagavano più le esigenze creative del suddetto David Eugene. Il quale affiancato da nuovi musicisti spostò e contaminò il sound della band originaria con un piglio più sperimentale e più introspettivo.
Le atmosfere gotico americane che i 16 Horsepower avevano già mirabilmente espresso in bellissimi album come Secret South, con i Woven Hand si ammantano di un alone sinistro e proiettato verso una dimensione non strettamente vincolata a quel contesto di cultura e tradizione sudista che aveva caratterizzato la prima fase artistica di Edwards.
Le tracklist dei Woven Hand, dunque, alternano le sonorità pizzicate e percussive dei banjo e le voci un po' nasali dei cantastorie del Colorado a momenti di ronzii cupi e funamboliche vocalità che sembrano provenire da qualche altrove. Segno manifesto della volontà di affrontare un percorso più ampio e sicuramente meno legato a una matrice geografica.
Mosaic, uscito nel giugno 2006, pur considerato un disco di genere neofolk racchiude molto di più. La formazione del gruppo vede sempre Edwards occuparsi della scrittura dei pezzi, della voce solista e degli strumenti a corda, con un ruolo ancor più dominante che nei 16 Horsepower. Questo potenziale desiderio di accentramento non incide sul valore dell'opera; che a mio avviso è una delle cose più affascinanti prodotte negli States nei primissimi anni Duemila.
Il prologo sospeso e misterioso dell'apertura (Breathing Bull) dà all'ascolttatore proprio la percezione sensoriale di trovarsi all'alba in uno scenario agreste, tra le foschie umide e fredde, scorgendo la sagoma scura di un toro che annusa l'aria. Un incipit potente ed evocativo che in pochi secondi introduce alla maestosa e incalzante tessitura di Winter Shaker. Brano costruito con una vena mistica e una capacità di generare ritmo a dir poco potentissima. Cesellato in ogni minimo suono, è un biglietto da visita più che eloquente di tutto ciò che i Woven Hand hanno fatto nella loro storia.
A seguire momenti che tronano a strizzare l'occhio alla cosiddetta tradizione sudista, ma sempre in tono minore e quindi con un'aura malinconica che racconta di fatali destini, di personaggi che sembrano usciti da un romanzo di Faulkner (o di Nick Cave), ammantati di suggestioni quasi spettrali.
Whistling Girl e Deerskin Doll le due ballad in tal senso più eloquenti e memorabili. A cui fanno da contraltare le più ostiche e riflessive Twig e Ektooth, dove la voce resta in primo piano a galleggiare su sonorità che di sudista hanno ormai poco. Dirty Blue è forse il brano più famoso dell'album e la sua immediatezza - grazie al riff iniziale di magistrale bellezza - mescola sapientemente proprio un certo sound tradizionale a sensazioni che rimandano al già citato Cave: rullante rullato, violino ribelle, un ritornello che non indulge in facili ottismi.
C'è un dolore da desiderare
Essere il desiderio del dolore
Mosaic è un album pregevole e a mio avviso è quello più indicato per avvicinarsi sia ai Woven Hand, sia ai 16 Horsepower, in quanto racchiude la miglior scrittura e la migliore sintesi mentale di David Eugene Edwards. Uomo dotato di forte personalità e - per citare un suo biografoc - formato su influenze cristiane che lo hanno portato a riflettere su tematiche come il dolore, il conflitto interiore, la fede e la redenzione. Che dolore e redenzione siano due punti di riferimento basilari nella produzione della band lo si evince anche solo ascoltando la musica e orecchiando qualche frase delle liriche. La forza evocativa del suono, del cantato e delle atmosfere che si creano attorno a ogni canzone è la stessa che cogliamo in qualche dipinto di Charles Marion Russell o di George Caleb Bingham, se non in qualche film western indipendente.
Elenco tracce testi e video
03 Swedish Purse (03:30)
Falling from her braided hair
New morning on the stereo
Close together on the page
We live it down
She has made place for me
And life for those our children
Sewn into her swedish purse
I think upon these things
Chosen by candlelight
As great trees have fallen
Quietly and to herself
This is my language
Again I am away at sea
Looked upon with sharp eyes
Father how far am I
It seems forever as the crow flies
Again I am away at sea
Tossed about under a mean sky
Lord how far am I
How far am I
Music-lyrics: DEE.
Based on medieval melody
04 Twig (02:12)
Eternal creator
Eternal creator of the world
Who rules the day
Who rules the night
Who give the hours their time
The herald of day
Watchman of the deepest night
Call forth a nocturnal light
Dividing night from night
In him the morning star arises
Break the darkness of the sky
In him the host of wanderers
Leave the way of the wicked lie
Look upon the fallen my lord
Set straight with your glance
Scatter sleep from our minds
Entranced
Lyric selections from
Eternal Creator Of The World
written by St. Ambrose - 340-397 AD
Music: DEE
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Altre recensioni
Di Hellring
Un gioiello assoluto, vero e proprio higlight del disco e della carriera di Edwards.
Un clima di tristezza e di riflessione, una luce sugli angoli bui, musica proveniente prima di tutto dalla mente di un grande artista.