RICORDI (QUASI) LONTANI
Qualche settimana fa, quando su debaser le nervose non erano altro che neonate entrai nella dechat felice come una pasqua, come ogni giorno o quasi.
E lì c'era chi litigava per recensire videogiochi. "Io Resident Evil!" "Io Silent Hill!" "Io Forbidden Siren!"
E fu lì che Davide Gojira Sesto irruppe con la sua solita nonchalance dicendo "Assì? Allora io mi prenoto per il film di Forbidden Siren". E fu così che il caos si scatenò tra varie sorpese e grida di crisi isteriche improvvise. "Esiste un film di Forbidden Siren?".
"Certo che esiste" pensai tra me, ripensando al paio di volte che me l'ero visto sprofondando nel divano di pelle in soggiorno.
Un amante dell'horror orientale come me non poteva non lasciarsi sfuggire un film del genere, stupidamente non distribuito in Italia, in favore delle scialbe copie di "The Ring", inangando così la reputazione del cinema de paura dagli occhi a mandorla, di cui gran parte degli Occidentali hanno tendenze a dichiararne lo sfascio. Eppure è un peccato perchè "Forbidden Siren" è un film che avrebbe potuto trovare un ampio pubblico anche dalle nostre parti. Già partirebbe vincente, essendo la trasposizione cinematografica di un fortunato videogioco e finirebbe ancora vincente, visto che le atmosfere claustrofobiche e orrorrifiche del videogame vengono congedate in una trama solida e coinvolgente.
SAIREN.
Maki è una liceale giapponese (interpretata dalla sempre avvenente Yui Ichikawa, protagonista anche dei due episodi giapponesi cinematografici di "The Grudge", una ragazzetta che è decisamente un bel vedere anche quando struccata ed acqua sapone e con una buona dote recitativa), abituata alla vita frenetica di Tokyo viene costretta a trasferirsi con padre e fratellino, per curare appunto quest'ultimo nel bel mezzo della natura e lontano dal caos della metropoli. La destinazione dei tre è un'isola immersa nel verde dove vive una comunità di abitanti cordiali, ma che come da copione, nascondono un segreto. Maki, dopo aver notato un'inquietante macchia di sangue sull'armadio della sua nuova dimora, viene a conoscenza di una strana superstizione del luogo: Quando suona la sirena non uscire di casa. E la fantomatica sirena suona puntualmente ogni notte, scatenando la paura dei tre nuovi arrivati. Maki è ancora più sconcertata dai comportamenti di Hideo, che si fanno via via sempre più strani, mentre inconsciamente, sprofonda in un mistero più grosso di lei...
Ora. Se voi volete vedere questo film e siete schizzinosi nei confronti degli horror orientali, definendoli un pot-pourri di capelli e possessioni e preferite horror americani vecchi di almeno due lustri, sedetevi senza pregiudizi. Questo è un horror che ben si distacca dallo stereotipo fattosi attorno a questo genere. E' un film che evade, che rompe ogni aspettativa e che non tenta nemmeno di far paura, collegandosi più sulla tensione e sulla validità della sceneggiatura più che sullo spavento improvviso (quasi assente). Ed ecco che "Forbidden Siren" sorprende perchè sa coinvolgere senza mai calare di ritmo, offrendo una storia finalmente originale e interessante, grazie anche ad un ritmo sostenuto, che ben si allontana dalle terrorizzanti e lente movenze di molte ghost-stories asiatiche e che sa proporre una componente originale al genere, riuscendo a non lasciare insoddisfatti. Complice anche l'ottima recitazione, grazie ad una Yui Ichikawa che, dopo la timidezza di "Ju-On" riesce a mantenersi convincente nel ruolo della giovane Maki, un personaggio innocente, ma anche determinato. Yui riesce a leggerne la psicologia del personaggio, mantenendo una buona espressività.
Il regista riesce a creare fedelmente le ambientazioni del videogioco, aiutandosi anche con una riuscita fotografia, solare e avvolgente nei primi momenti del film, dove ancora i protagonisti sono inconsci del pericolo, oscura quando la verità ormai sta venendo a galla e completamente onirica sul finale, tessendo con ampio uso della creatività rosso, arancione, blu e nero. Ed è proprio sul lungo finale zombesco che Tsutsumi ha posto le sue aspettative, intrecciandolo di elementi surreali e di paura, ma senza raggiungere il suo obiettivo di delirio esistenziale. E la sequenza più che inquietare non fa nè caldo nè freddo. Per fortuna che il regista sa certamente come coinvolgere lo spettatore, con un tripudio di inaspettati colpi di scena pronti a sconvolgere, fino ad un concatenarsi di eventi inaspettati che portano ad un finale fascinosamente architettato e a suo modo geniale, facendo della pellicola non certo un capolavoro, ma un film da vedere assolutamente consigliato a tutti: appassionati del videogame omonimo e non. Da vedere almeno per rendersi conto di quanto l'horror asiatico sia poliedrico e non solo incentrato nella Sadako di turno.
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