Stringete forte la mia mano e seguitemi, vi porto nei meandri del torbido cinema di Demir Debirkubuz, vi parlerò della sua Turchia magica e misteriosa, anche pericolosa. Note di Kanun, canti e percussioni bombardano le strade a tinte desaturate di Istanmbul, Ankara e molte altre città. Le città visitate da Ugur, bellissima bionda interpretata dalla fulminante Vildan Atasever. Lei cammina, cammina, le città cambiano, ma la sua meta è sempre la stessa: un carcere dove è imprigionato l'amore della sua vita, Zagor. Ma Zagor è un cattivo ragazzo, ha già ucciso il protettore della famiglia di Ugur, e non solo, motivo per il quale viene continuamente trasferito per i penitenziari turchi, rigorosamente dopo aver combinato un casino più grosso di quello prima.

Ci siamo? Bene, ma Ugur non è sola, un uomo la segue costantemente a distanza controllata, si chiama Bekir, perdutamente innamorato di lei dopo aver conosciuto la giovane nel negozio di tappeti dove lui lavora. Da li' comincia una inesorabile discesa all'inferno che delinea non solo il destino di Bekir, ma delinea anche una delle "coppie" più improbabili e potenti mai rappresentate in un lungometraggio. Dunque: Bekir ama Ugur, Ugur ama Zagor, Zagor probabilmente ama uccidere persone. In questo bizzarro triangolo Bekir evolve la figura di uomo zerbino verso nuove vertiginose vette. Ugur chiede il suo aiuto per cercare disperatamente di fare uscire il suo uomo dalla galera, eventualmente proponendosi come "schiava personale" di Bekir (?). Probabilmente lui non ha compreso una parola, alla deriva nel mare dell'infatuazione, ma una sensazione vaga ce l'ha: quella di grossi, grossissimi guai. Facciamo un lieve passo indietro nella storia di Bekir, sposato - a matrimonio combinato - con una dolcissima donna che nonostante tutto lo ama sul serio, e con una bellissima bambina. Ricordando anche il negozio di tappeti, responsabile dell'infausto incontro, possiamo considerare la vita di Bekir più che normale. Ma qui scatta uno degli interrogativi più scottanti del film: può un brivido valere la pena di giocarsi tutto? Ugur la raminga, cantante nei night, sovente prostituta e a stretto contatto con la criminalità turca, è una donna chiaramente da evitare, però allo stesso rappresenta per Bekir la libertà, quel brivido totalmente assente nella sua fin troppo normalissima vita. Il giovane decide quindi di seguire quello che per lui è un destino ineluttabile, il "Kader" del titolo, appunto. Considerando che questo film è, di fatto, un prequel realizzato a posteriori, sappiamo benissimo come la loro storia andrà a finire nel precedente Masumiyet (Innocenza) dello stesso regista, che vi consiglio nel caso l'approccio con questo si riveli positivo.

Un rapporto oltre il delirio quello tra Bekir e Ugur, lui vuole ostinatamente accoppiarsi con lei, lei lo respinge ogni volta, ma apparentemente gli preferisce tutto il resto della popolazione maschile, e poi c'è Zagor, una figura sempre in background (in fondo è in prigione) ma non poco pericolosa per Bekir, non gradendo infatti le sue attenzioni verso Ugur assolda sicari per farlo fuori, ma lui non cede neanche di fronte a una pallottola, perché l'amore rende folli quanto indistruttibili. Eppure c'è qualcosa di sfuggente oltre al chiaro sfruttamento della bontà e i sentimenti del malcapitato giovanotto, in un momento di coscienza Ugur implora Bekir di non seguirlo più e di non amarlo, ma neanche questo riesce a farlo desistere. Da quel momento il rapporto tra i due diventa praticamente indissolubile, ma costellato di contrasti estremamente forti. Oltre a questo abbiamo anche la piccola Cilem, la figlia di Ugur solo accennata in Kader, ma che conosciamo piuttosto bene in Masumiyet. Nella sua lucida follia di uomo intrappolato nel turbine di un perpetuo due di picche, Bekir finisce per considerarla sua figlia. Tutto qui? Più o meno sì, in buona sostanza niente di eccezionale accade in Kader, a volte un po' come la vita che Debirkubuz non si preoccupa di filmare, al di fuori della rappresentazione di una storia d'amore impossibile. Sorprende piuttosto l'iperrealismo della messa in scena, la disperazione latente un po' ovunque, e un'atmosfera perfettamente calibrata attraverso tutta la cultura turca: la musica è una forte componente del film, così come le affascinanti performance vocali di Ugur, che innalzano momentaneamente il personaggio dalla sua sconfortante realtà, l'ostentazione orgogliosa di tè caldo con rigorosa zolletta di zucchero, le sigarette, il cibo sempre scomposto in piccolissime parti, il tutto concorre a instaurare un mondo di pura magia, almeno ai nostri occhi. Kader è un piccolo capolavoro che dovete vedere. Vildan Atasever oltre a sembrare un clone di Isabella Ferrari da giovane (tutto dire), è assolutamente stratosferica nei panni di una cattiva ragazza da antologia, mentre Ufuk Bayrakatar rappresenta ottimamente con Bekir l'uomo disposto a tutto per fuggire da una vita preconfezionata. Ankara brucia nei film di Debirkubuz, mentre i suoi magnetici personaggi sognano vite migliori, non abbiate paura di scoprirla.

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