Fare un film politico, davvero. Non significa certamente fare politica con un film, non significa fare da megafono a una fazione, ma guardare la politica da un punto di vista diverso, più alto, più nobile, che guarda alla dimensione esistenziale, al dipanarsi delle scelte governative sulle vite cicliche, di piccolo affare, delle persone comuni.

Non è scontato tutto ciò. O meglio, non è scontato saperlo fare. Ci sono film che trattando questioni politiche, di battaglie civili, si schierano, fanno il tifo. Ci sono altri per i quali si crede che basti trattare certi temi, quasi citandoli soltanto, per fare un'opera scomoda, politicamente rilevante. Il celebrato lavoro di Doueiri individua invece la traiettoria perfetta da seguire: tratta di questioni quotidiane, investendole di significati generali, politici appunto, e poi mostra come la politica assimili le diatribe dei singoli per alimentare i propri falò, senza però rispettare davvero le istanze dei singoli cittadini al centro del dissidio.

No, la politica prima devasta le vite dei cittadini, poi, quando il riverberarsi delle grandi manovre nazionali va a compromettere la convivenza civile dei cittadini, ne succhia il veleno polemico, travisandolo, assolutizzandolo, prendendolo a pretesto per le sue battaglie aprioristiche. L'insulto non tratteggia solo, e non tanto, uno scontro legale tra un cristiano libanese e un palestinese, quanto piuttosto lo scontro perenne tra uomo e Storia, tra dolore individuale e prese di posizione collettive, tra gli esiti edificanti favoleggiati dalla Storia ufficiale e le infinite ripercussioni nefaste di ogni singolo atto bellicoso. E ancora, tra narrazione giornalistica dei fatti e reale sentire di ogni singolo bambino e adulto coinvolto suo malgrado nella Storia.

Questa è un'opera importante perché sa raccontare le istanze macroscopiche dell'esistenza umana attraverso un caso singolo, una lite che nasce da episodi nemmeno così gravi. Ma la bega iniziale è come il sassolino che dà il via alla valanga, con le radici del dolore dei due uomini contrapposti che emergono lentamente dal terreno opaco degli anni che passano e si stratificano sulle ferite.

C'è una lezione: dietro a ogni uomo c'è una storia, non intellegibile ad uno sguardo superficiale. E pensare che il proprio dolore sia sempre più grande di quello della persona che si ha di fronte è un errore grave di superficialità. Solo nel momento in cui si conosce a fondo il dolore dell'altro si possono comprendere appieno tutte le sue reazioni. La consolazione non potrebbe essere più amara: gli uomini si riconciliano solo e soltanto nella condivisione di un passato doloroso.

La pellicola di Doueiri racconta benissimo tutto questo, accrescendo gradualmente la gravità della questione, dosando caratteri, asprezze e momenti di ragionevolezza, impostando una battaglia legale gustosa, avvincente, che però sa scongiurare il rischio di stimolare nello spettatore il tifo per uno dei due oppositori. E la Storia irrompe con una forza che annienta gli individui, li cristallizza nel loro essere ingranaggi infinitamente piccoli di una macchina infernale che in ogni suo movimento dispensa dolore a piene mani.

7.5/10

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