“La magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.”

Amici Debaserioti che siete coraggiosamente entrati in questa pagina, vi starete sicuramente chiedendo che cazzo vi abbia spinto alla lettura di un gruppo poco conosciuto e che fa musica profondamente generazionale. Non ho una risposta da darvi, ma visto che già ci siete, vi invito a proseguire e chissà che non ne usciate più arricchiti o più imbestialiti.

Un po' di contensto: innazittutto la citazione che apre questa recensione non è buttata a caso, ma identifica una costante nella fruizione della Gen Z, ovvero la velocità. I prodotti pop si sono dovuti genuflettere ai lacunosi deficit di attenzione dei giovanissimi, imbastarditi dagli stimoli offerti in primis dalla tecnologia e in secundis dai social, che promuovono contenuti dai toni sempre più effimeri. Un turbine di effervescente voracità che spinge ad una ricerca spasmodica di nuove cose.

Velocità che non poteva esulare la dimensione filmica (il binge watching della serialità, ad esempio) e quella musicale: a tradurre questa funambolica iperattività, ci ha pensato un genere in particolare, che i critici hanno battezzato "Hyperpop". Difficile descriverlo, facile invece da identificare, lo potremmo parafrasare come un frullatore impazzito di punk, emo-core, elettronica, Nu-metal e rap dal gusto squisitamente pop (quindi un ottimo orecchio per la melodia piena e i ritornelli catchy, oltre alla capacità di intepretare una parte del quotidiano). Il tutto condito da un labor limae di post produzione volto a modificare ed distorcere la voce tramite vocoder e autotune, togliendole la componente umana e velocizzando la musica stessa. Il risultato è una frastagliata giungla sonora che non può non frastornare l'ascoltatore, confonderlo nei suoi rapidi cambi di registro.

Una formula curiosa, che verrà portata a condizioni estreme dal gruppo oggetto di questa recensione, ovvero i 100 Gecs, duo statunitense formatosi nel 2015 che con l'esordio ha consegnato ai posteri la pietra angolare di questo improbabile e burrascosa corrente stilistica. C'è tutta l'essenza dell'hyperpop, però stressata fino allo scibile umano.

Quasi quattro anni dopo, i nostri ritornano con un nuovo tassello della loro neonata saga, "10,000 Gecs": un rumoroso kaleidoscopio musicale di 10 pezzi per 26 minuti di musica nel quale si concentrano una svariata gamma di generi, dall'elettronica drogatissima fino all'ipercalorico pop-rock adolescenziale sotto Speed dei Blink182, passando per il rockabilly più demenziale, talvolta anche con cambi nello stesso pezzo. Chiassoso e fragoroso, l'album è una giostra impazzita che vi trascinerà in una folle dimensione di claustorfobia cibernetica. L'imperante nosense dei testi e il susseguirsi di sfuriate sonore renderanno ancora più confusa la già nebulosa esperienza di ascolto.

Ora, ci sono due chiavi di lettura: la prima è quella di vedere la bellezza intrinseca di questo lavoro nell'estrema caoticità e nel disperato tentativo di riuscire a trovarvi un ordine, come a rappresentare una piccola metafora dell'esperienza umana, vittima della bestia imbizzarrita che è l'universo. La seconda invece è quella del godersi semplicimente il momento, lasciandosi trasportare, senza trovarvi necessariamente un perchè (e anche qui si può tirare in ballo la medesima metafora).

La Gen Z ha optato per la seconda, lasciando a noi "vecchi" l'arduo compito di decifrare questa allucinata torre di Babele. E voi, che cosa pensate id fare?

Carico i commenti... con calma