Jeremy Barnes è certamente un personaggio eclettico e dopo i Neutral Milk Hotel eccolo qui in un'altra produzione di tipo decisamente differente. Nei A Hawk And A Hacksaw ciò che risalta è l'aspetto "folk" nel senso più generale, non sempre geograficamente caratterizzato, anche se con una prevalenza di atmosfera balcanica.
Gli strumenti utilizzati sono fisarmonica, fiati, archi e pianoforte, con Barnes alla fisa che riesce a suonare senza cadere nel tango neanche una volta, cosa difficilissima, a non emanare afrori sudamericani, a non allontanarsi mai dall'Europa. Una magica atmosfera che sembra rubata alle Danze Slave di Dvorak ma meno intonata ed armonica; che ricorda frammenti di suoni disomogenei di bambini fisarmonicisti nei sottopassaggi delle stazioni o nei metro. È difficile non farsi venire in mente Goran Bregovic o le geografie di Kusturica, ma la somiglianza è meno forte di quanto si possa immaginare, forse perchè l'uso degli archi è meno incisivo, e c'è un banjo che si affaccia ogni tanto.
Non descrivo le singole tracce perché nell'ascolto nessuna mi ha colpito particolarmente, forse la brevissima numero nove è quella che si discosta di più dalle situazioni finora descritte, con un dolcissimo canto accompagnato da pianoforte, ma l'episodio viene annullato dalla successiva traccia "Wicky Pocky" che ci riporta immediatamente nel gioioso (ci si augura) dopo cena di un campo rom. Meno "balcanico" anche "Portlandtown" pezzo che chiude il disco con una specie di filastrocca di sapore più "celtico". Un disco godibile che non aspira a diventare un capolavoro.
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