"A Minor Forest Supports the Destruction of Mankind." 

Questo era lo slogan della band... simpatici eh? Ma forse dopo aver ascoltato la loro musica si può entrare in sintonia con la filosofia che soggiace a questa espressione provocatoria.

Se state cercando un Math Rock fuori dagli schemi (sempre che si possano delineare degli schemi per tale genere), imprevedibile, dissonante, inesorabilmente inquietante, a tratti languido, a tratti rabbioso e sulfureo, questo "Flemish Altruism", album d'esordio degli A Minor Forest, potrebbe fare al caso vostro.

Siamo nel 1996 e il trio di San Francisco fa il suo debutto in LP fregiandosi della produzione del sempiterno Steve Albini (e il suo zampino come al solito si sente eccome).

L'importante accostandosi a tale disco è la consapevolezza che si tratterà di un ascolto non esattamente immediato, che richiede una discreta dose di pazienza e una buona brama di composizioni insolite. E' un album lungo che contiene spesso e volentieri delle volute dilatazioni, siano esse di paesaggi onirici e apatici ("Perform a critical Straw Transfer") o di estremi sfoghi catartici ("The loneliest enuretic").

Il senso di disperazione e di smarrimento raggiunge il suo apice nella parte finale di "Bill's Mom likes to Fuck" con le urla sguaiate e primordiali di Hoversten che trasmettono profondo disagio (ricordano vagamente gli "I miss You!" della conclusione di "Spiderland"); se non altro questo pezzo ci mette 7 minuti a carburare, lasciando il tempo di abituarsi pian piano al clima infernale, passando attraverso atmosfere allucinate debitrici appunto di Slint e affini post-rockers.

 In "Jacking Off George Lucas" troviamo addirittura i toni spenti e dimessi dei Codeine, salvo qualche schizzo di pazzia che affiora qua e là provocando senso di smarrimento in chi ascolta. L'utilizzo del violoncello è un'altra variabile di quest'opera multiforme; lo si può apprezzare ad esempio in "Ed is 50", nella quale contribuisce ad aumentare la già notevole dissonanza. Purtroppo nella quarta traccia si esagera con la prolissità arrivando a 14 interminabili minuti che non danno tregua e lasciano abbastanza esausti dopo un lungo viaggio tra arpeggi insistiti fino all'ossessione, tempeste sonore di batteria (per altro di grande livello) e feedback violenti. Ci sono da citare anche episodi di ottima psichedelia ("Beef Rigger") sempre comunque in pieno stile "Math".

La durata di 73 minuti è probabilmente il vero punto debole di questo lavoro, anche se i momenti geniali sono numerosi; una maggior sintesi forse sarebbe stata preferibile come, per citarne uno, in "Rusty" dei Rodan (quello un capolavoro assoluto), tuttavia per gli appassionati si tratta di un disco interessante e sicuramente da scoprire.

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