Lirismo è la parola che viene in mente nel tentativo di circoscrivere la portata di questa opera; malinconica come la nostalgia di qualcosa che non sia mai accaduto, o che non accadrà mai. Si avverte la nostalgia di un futuro assente e di un passato struggente mai accaduto, lo sguardo spalancato su un fronte di nubi di tempesta che passa sopra e attraverso, qualcosa di enorme, incombente, la ruggine che corrode il metallo. È musica che si guarda, in grado di evocare come un’allucinazione e di illudere come un bivio, è la nostalgia della vita di qualcosa che non l’abbia mai avuta.

L’opera raccoglie le prime composizioni dell’autore uscite originariamente su cassetta e cd-r, ma è tale la maturità dei pezzi che nemmeno la natura apocrifa di raccolta riesce a scalfirne la compattezza, la maestosa bellezza, la complessità.

L’agiografia vuole l’autore autodidatta già vecchio, operaio di un qualche oscuro kombinat post yugoslavo, che raggiunta la pensione si sia messo a comporre per riprodurre i suoni e le sensazioni della fabbrica. Non ci credo. Una tale vastità e portata non può essere stata concepita per tramite della catena di montaggio, non può essere stata assemblata; mi sembra piuttosto qualcosa di preesistente, di immanente alla vita del compositore, che lo affiancato e se ne è servita per trovare sfogo e perfetto compimento, come perfettamente compiuta, questa arte, dev’essere stata fino dal giorno della sua nascita.

Ascoltare “The Sky Has Vanished”, “Drooping Off”, “Tumbling Relentless Heaps”, “Despite Faith” significa rimanere schiacciati, sospesi, seduti in padmasana sulla sommità di una colonna mentre tutto intorno vortica la sabbia del tempo. Significa provare comprensione e sgomento, camminare per la strada consci che lo stesso identico luogo che stiamo attraversando è stato percorso negli anni, nei millenni, da innumerevoli creature con storia e realtà differenti, e lasciarsi sprofondare in questa moltitudine.

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