Gli Accidental Suicide, band originaria del Wisconsin, esordirono nel lontano 1990 con “Deceased” . Tuttavia, a causa del precoce scioglimento, rimase pressoché sconosciuta al grande pubblico, obnubilata dalle orde di gruppi più validi o, più probabilmente, meno sfortunati. Ma chi ama veramente questo genere, almeno un ascolto glielo dovrebbe dare.

La proposta degli Accidental Suicide, come si può supporre dal nome o (più facilmente) dal fatto che sia io a recensirli, è quella di un Death metal abbastanza tradizionale che sconfina non di rado nei territori del Doom: insomma, se non fosse che il disco è precedente sia al debutto degli Autopsy che a quello degli Incantation, direi che il sound del gruppo in questione è la perfetta fusione tra quelli dei due sopraccitati mostri sacri del Death. Accanto ad un buon bagaglio tecnico, di cui soprattutto i chitarristi fanno sfoggio regalandoci riff intricati e veloci, troviamo quindi il gusto per sonorità particolarmente oscure e picee. Il batterista svolge un lavoro più che buono, decisamente all’altezza dei suoi colleghi appartenenti a gruppi ben più celebri: riesce egregiamente a sostenere tempi tirati dando però il meglio nei rallentamenti in cui può far mostra della sua grande capacità di ricreare atmosfere assai malsane Il cantato è un growl decisamente profondo che sfocia talvolta in scream al vetriolo e che rappresenta un buon suggello alla musica proposta dagli strumentisti. Meno importante il lavoro del bassista che comunque, spuntando in qualche passaggio, dimostra di mantenere alto il livello qualitativo dell’ album.

Indubbio che il punto forte di questo gruppo sia il mood: raramente ho sentito atmosfere tanto soffocanti e incredibilmente opprimenti: la lentezza diventa così sconsolante e mortifera da risultare una cadenzata marcia verso una consapevole ed inevitabile fine. Credo che questo sia il fine di qualunque band che suoni Death Doom e quindi non posso negare che gli Accidental Suicide raggiungano il loro obbiettivo in maniera perfetta: le parti di chitarra veloci e tanto violente vengono perciò avvertite dall’ascoltatore come funzione del rallentamento, enfatizzandone la potenza e il malato incedere. La produzione è forse la più grande pecca dell’ album: molto sporca e grezza conformemente al gusto di inizio anni ’90, finisce con il dare ad un lavoro molto curato sotto il profilo compositivo, l’aria di un cd raffazzonato e suonato senza una grande premeditazione.

Rimpiango sinceramente che il disco sia uscito più di quindici anni fa, perché se fosse uscito qualche anno più tardi, avrebbe avuto una degna produzione in grado di esaltarne le sonorità e di renderle ancora più pesanti e martellanti: ne avrebbe infine giovato anche l’aspetto tecnico (decisamente discreto) del gruppo, fortemente danneggiato dalla registrazione confusionaria. Un buon disco, purtroppo completamente privo di continuazioni: gli spunti interessanti sono molti e sono convinto che una rielaborazione di questo materiale da parte degli autori stessi o di altri gruppi avrebbe portato sviluppi più che interessanti.

Un lavoro del genere non può che piacere a tutti gli amanti del Death Old School non particolarmente elaborato, ma anche a quelli che amano le sonorità claustrofobiche e violente: tuttavia solo chi ha una conoscenza più ampia del genere potrà apprezzarne i tratti distintivi, quelli che fanno di “Deceased” un lavoro autenticamente underground e che fanno sì che, per quanto tale, competa alla grande con i Masterpieces del tempo.

Elenco tracce e video

01   Misery Hunt (03:28)

02   The Life I Hate (05:32)

03   Morbid Intelligence (05:24)

04   Flesh Parade (04:29)

05   Unknown (04:40)

06   Method of Murder (04:17)

07   Agony of Rebirth (05:07)

08   Homicidal Entrails (05:02)

09   My Dangling Corpse (03:24)

10   To Eat the Heart (03:43)

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