ACO continua a crescere in "Material", un album che non dimentica le sue radici jazz/pop ma lancia ACO decisamente nel futuro.
L'iniziale carillon sintetico e i numerosi sample elettronici di "Melancholia" ricordano la Bjork di "Post", da lì ACO ci regala una dopo l'altra, canzoni sensuali e rilassanti.
La voce di ACO non è potente, ma quando è sommersa da bassi imponenti, sintetizzatori eterei e ritmi esplodenti, il suo sospiro dolceamaro da il meglio.
Tracce come "Hoshi no Kuzu", "Shinsei Romantist" e "4gatsu No Hero" si muovono tranquillamente ma ACO riempe gli spazi vuoti con un pianto emotivo molto particolare.
In "Canary wa Naku" e "Sora Shiranu Ame", si trasforma in una cantante da cabaret futuristico, regalandoci una performance oscura e onirica.
ACO nomina spesso Kate Bush come influenza e "Material" lo dimostra abilmente. "Interlude" include samples di voci Bulgare proprio come Kate Bush, che impegò il coro Trio Bulgarka nel suo "The Sensual World" nel 1989.
ACO si spinge addirittura a coverizzare "This Woman's Work" da quell'album. Se non fosse per l'accento di ACO, chi ascolta non riuscierebbe a trovare una differenza tra le due cantanti.
Anche se "Material" si concentra principalmente a creare bizzarre cornici di effetti sintetici, l'album rimane jazz/pop nelle sue radici.
Ad un tempo più veloce, "Time" sarebbe potuta diventare molto Blues. "Anata ni Sagasu Uta" è un bellissimo inno anche senza i ricchi arrangiamenti degli archi.
"Material" è un lavoro intrigante, curioso e ACO fa un incredibile lavoro con la sua voce, che sembra fatta apposta per la musica.
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