Nei primi anni '80 solo i più fortunati avevano un'autoradio nella propria macchina.

Gli altri si arrangiavano come potevano, chi non ascoltando alcunché in viaggio, chi cantando direttamente i propri pezzi preferiti, chi dotandosi (non senza senso pratico, e, d'altronde Necessity is the Mother of Invenctions, come ben sanno gli zappiani) di un mangianastri per ascoltare la musica preferita direttamente in auto.

La mia famiglia non faceva eccezione, nel senso che i soldi non erano sufficienti per permetterci un'auto accessoriata, e nei primi anni '80, soprattutto d'estate, nei lunghi viaggi che ci portavano da nord a sud per le vacanze a casa di mia nonna, si ascoltavano brani a profusione nel mangianastri che ornava temporaneamente la Golf blu (primo modello) di mio padre.

Fra le varie musicassette che facevano parte della collezione dei miei genitori, e che inconsapevolmente sorbivo in quella mia prima infanzia, spiccava una cassetta con il profilo del cantante italo belga Salvatore Adamo, oriundo siciliano divenuto negli anni ‘60 idolo della comunità transalpina e, dicevano i maligni, un po' più che amico dell'allora principessa Paola del Belgio.

Quei pezzi mi segnarono e, con la futile scusa di fare gradito regalo a mia madre, qualche tempo fa ho comprato la versione cd della vetusta e consunta musicassetta di Adamo, per sentire, nuovamente, una delle colonne sonore della mia infanzia (peraltro coincisa, quasi in toto, con la carriera dei Clash, che io ai tempi bellamente ignoravo se non per gli adesivi spiaccicati nelle vespe bianche di alcuni bulli di periferia).

Vengo ora a recensire questa raccolta ad uso e consumo dei lettori di DeBaser.

Cantautore atipico, punto di congiunzione fa melodia italica e cantautorato francese, Adamo era un'artista che faceva del cosmopolitismo e dell'eleganza stilistica la cifra essenziale della sua canzone. Ogni suo singolo pizzo spiccava per le essenziali, ed al contempo eleganti, linee melodiche, per testi assolutamente non banali anche quando parlavano di temi triti e ritriti come gli amori nascenti o gli amori spezzati, e per arrangiamenti che mescolavano con disinvoltura elementi orchestrali e inserti minimalistici, dando sempre un tocco di colore ai singoli brani. Non ultima, la voce del cantautore risultava particolarmente chiara e pulita, onorando quel bel canto di cui si erano sicuramente nutriti gli avi del Nostro, prima di migrare in Belgio ad estrarre carbone sotto chilometri di terra.

Bell'esempio dello stile di Adamo si ha nell'iniziale "Sei qui con me", testo sentimentale in cui il Nostro canta la bellezza di un ritorno della propria amata dopo averla perduta: da memorizzare lo struggente ritornello ed il discreto accompagnamento degli strumenti, con interessante inserto centrale di chitarra; la dolcezza del cantautorato dell'Autore spicca anche nella successiva "Lei", nuovo canto d'amore per una donna che ha lasciato il proprio uomo: si noti come, in Adamo, la donna viva - siamo a metà anni '60 - in una dimensione di piena autonomia, non essendo più solo oggetto d'amore, ma soggetto pienamente libero di scegliere la propria strada, le proprie storie, la propria vita. Maggior enfasi drammatica, sia nei testi che nel canto e nell'efficace arrangiamento, si ha nella seguente "La notte", pezzo probabilmente più noto del Nostro, in cui Adamo narra della fine di un amore, destinato a ritornare come un incubo nella mente di chi è stato lasciato ("… per un istante riappari/mi chiami mi tendi le mani/ma il mio sangue si fa ghiaccio/quando ridendo ti allontani/la notte mi fai impazzir… ").

Più scherzosa e dall'andamento quasi vaudeville, la successiva "Vous permettez Monsieur", con timidi cenni di contrasto generazionale fra genitori e figli. L'accompagnamento d'archi contraddistingue "Amo", melodia romantica - ed un poco stucchevole -, dedicato all'ennesima fuggevole protagonista dei pezzi del cantautore. Un insistito arpeggio di chitarra introduce a "Una ciocca di capelli", sensibile melodia con improvvisi break ritmici in cui si canta delle memorie andate e dei simboli che richiamano, quasi come una reliquia, il passato ed il tempo che fu, e la possibile felicità perduta, se mai essa vi è stata realmente ("… sentivo la mia memoria pronta a raccontarmi tutto/ma conoscevo già la storia/ho preferito sognar… "). Piuttosto nota in Italia anche "Affida una lacrima al vento", brano dall'incedere sbarazzino ed ammiccante, in cui il testo dai tratti sentimentali viene diluito in toni elegiaci, piuttosto che drammatici, come invece nei brani precedenti, spingendo il pubblico ad identificarsi nel cantante: forse l'unico pezzo realmente pop di Adamo. Eccellente la successiva "Non voglio nascondermi", brano incentrato nella prospettiva dell'amante occulto della donna di turno, destinato a rimanere nell'ombra a fronte della relazione ufficiale della sua matura amante, o a lasciarla per sempre ("… non voglio più/come un amante rubare/i baci tuoi/che sono suoi… " "ma tu mi tieni di riserva/hai paura di lasciar/chi ti fa comoda la vita/per un ragazzo come me… "). Molto fine l'accompagnamento dell'organo in sottofondo, che dona al brano toni quasi blueseggianti.

Di sconcertante modernità risulta poi "Inch'Allah", dedicata in filigrana alla questione palestinese/israeliana e contraddistinta da una delle melodie più toccanti dell'autore, enfatizzata da un arrangiamento quasi teatrale. Un dinamico ritmo hard beat caratterizza "Ho tanti sogni nel mio bagaglio", dal ritornello facilmente memorizzabile, ma tutt'altro che rassicurante, ove si osservi come si parli del progressivo tramonto delle speranze, della fine dei sogni, e della consapevolezza che il passato rappresenta, nella vita del narratore, la parte preponderante della vita, più ancora che il residuo futuro. Cadenzata, invece, è "Non tenere il broncio", in cui il tema del passato emerge con echi quasi joyciani: l'amante di turno non può condividere il passato dell'autore, ma può avere almeno la speranza di essere il suo futuro. La raccolta si conclude con la splendida "Non sei tu", ultimo gioiello che ci lascia il cantautore italo belga: qui si canta delle disillusioni dell'amore, della consapevolezza che la propria donna è diversa dal modello - o stereotipo - che si era immaginato e sperato. I sogni muoiono e lasciano spazio alla vita, fatta delle sue crudeltà, dei suoi rancori e delle sue delusioni, ma anche dei suoi riscatti.

Di tutto ciò non mi accorgevo nella mia infanzia, a bordo della Golf blu di mio padre. Ma avrei avuto tutto il tempo.

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