Ripercorrendo le mie vecchie recensioni su Debaser, mi sono accorto di un sottilissimo fil rouge che attraversa la mia claudicante carriera di scribacchino amatoriale: una disarmante passione per gli sfigati senza redenzione. Quei gruppi privi di talento alcuno che per circostanze ambientali fortuite hanno sfiorato appena il successo per poi ricadere nella pece immediatamente dopo, novelli Icaro del cazzo di cui nessuno mai sentirà davvero la mancanza. Band inutili, che non hanno mai inciso una perla nascosta, una chicca per intenditori, il cui culto non verrà mai tramandato da completisti ossessivi, ma che sono stati dimenticati nelle pieghe del tempo per una buona ragione. I perdenti veri, i freak che alla fine del film non sono diventati i fighi della scuola e non si porteranno mai a casa la cheerlader. La Seconda Divisione. L'Eurospin del rock.
I Love Battery, i Letters to Cleo, i Boy Hits Car, i Gazzoleen. Gli indifendibili NoRelax. Piuttosto che riascoltare un vostro album mi tiro ad un ginocchio con la sparachiodi, ma sappiate che il mio cuore batte per voi. Mediocri di tutto il mondo, io vi assolvo. E veniamo quindi ai desperados di oggi, i tamarracci Adema.
Questi coatti californiani appartengono alla seconda generazione del nu metal - si formano dopo il picco qualitativo del genere ma prima del picco commerciale - e nello specifico a quel ramo tutto muscoli di derivazione Clawfinger, lo stesso che ci porterà poco dopo a gentaglia come Disturbed e Drowning Pool. Il fatto che i Clawfinger abbiano generato una scuola, in effetti, non depone né a favore loro, né dei loro epigoni, né della musica rock in generale, ma tant'è. Insomma gli Adema esordiscono nel 2001 con l'omonimo e vendono molto bene grazie ad una congiunzione astrale fortunata: intercettano contemporaneamente il suddetto apice commerciale del nu metal E l'epoca d'oro dei frat boys, i bistecconi dei college tutti palestra, arroganza e football immortalati da mille commedie americane. Questi buzzurri entro pochi anni andranno a formare un'impagabile miniera di carne da tritare in Iraq, ma nel frattempo hanno bisogno di musica che sia il più imbecille, vuota e violenta possibile; in mancanza dei già scaduti Pantera, gruppi come gli Adema funzionano alla stragrande. Vendono benissimo quindi, abbastanza da farsi aprire le porte dell'Ozzfest nel 2002, massimo risultato raggiungibile da una band nu metal di seconda fascia. Gli Adema sono stati baciati da un successo maggiore rispetto agli altri gruppi sfigatelli di cui ho parlato, ma non poteva durare, perchè sono arrivati alla festa troppo tardi: nel 2003 il mondo intero si gira verso Fred Durst e come un sol uomo gli grida HAI ROTTO IL CAZZO. Il nu metal passa istantaneamente e irrimediabilmente di moda: sopravvive solo chi è troppo grosso per cadere e ha sufficiente faccia come il culo per tirare dritto con nonchalance (tipo i Korn) oppure chi ha altrettanta facciaculo da fare la svolta melodica (tipo gli Slipknot). Gli Adema, e altri otto milioni di gruppi superflui, crollano. Il secondo album vende un sesto del predecessore, che è comunque sufficiente per tirare la carretta ancora per un pezzo, ma subito dopo la pubblicazione inizia il lento e infinito carosello dei cambi di formazione; gli album successivi vendono sempre più niente, l'attenzione mediatica evapora come burro alla brace. Wikipedia li dà ancora attivi, mi fido.
Riascoltato oggi, il primo album degli Adema è invecchiato malissimo. Sembra l'eufemismo più banale del villaggio, ma Adema è riuscito ad invecchiare persino peggio della maggior parte dei suoi contemporanei. Non ha la brutalità degli Slipknot, non ha l'allure malato dei Korn (per quanto cerchi di copiarlo il più possibile), l'ironia provocatoria di Manson, la qualità di scrittura degli Incubus, il richiamo generazionale dei Limp Bizkit, le contaminazioni etniche degli Ill Niño, l'ottimismo dei P.O.D., l'eclettismo dei System Of A Down. Non ha niente, solo chitarroni gonfi ma sterili, patetica rabbia adolescente, una glassata di melodia plasticona alla Staind/Nickelback e quell'epicità radiofonica che tanto piace agli americani; il tutto al servizio di canzoni neanche pessime - se non altro hanno un discreto tiro - quanto ampiamente trite e banali già nel 2001. Adema viene da una distopia in cui i Korn sono i Beatles, i Creed sono gli Smashing Pumpkins, i Clawfinger sono i Nirvana e la loro "Do What I Say" è "Smells Like Teen Spirit". I testi sono un buffet di varianti passivoaggressive di "Mi hai mancato di rispetto e voglio menarti". Il loro essere così ottusi e quadrati li rende affascinanti quanto un cane mastino che ti abbaia da dietro un cancello.
Di per sè sarebbero innocui, ma hanno il demerito di aver contribuito a spianare la strada ad una band ancora più cafona e reazionaria come gli abominevoli Five Finger Death Punch. La loro dimensione, col senno di poi, è fare da sottofondo a quei video che giravano su Emule di gente che si fa male. Io stesso li conobbi così: la loro hit "Immortal" musicava una compilation di fatality di Mortal Kombat Deadly Alliance. Sembrano passati diecimila anni.
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