Non è un album di quelli che resteranno nella storia, non è neanche un album da cui aspettarsi chissà che cosa. È un album per passare piacevolmente il tempo senza tante pretese. Il titolo è infatti già tutto un programma.

Si inizia con "Lirica d'inverno"(a cui si ispira la copertina), racconto di una storia d'amore inserita in un quadretto fiabesco e che si conclude con un finale a lieto fine, cioè il matrimonio con l'amata.
"Un bimbo sul leone" assume invece un tono favolistico con tanto di morale: sono gli uomini a essere le bestie e non i bambini o gli animali, argomento che Celentano toccherà anche in molte altre canzoni come "Uh… Uh… " e "Arrivano gli uomini". La maggior parte delle canzoni di questo album sono comunque molto diverse rispetto ai brani del Celentano anni '80: si canta di più e si predica di meno, anche se è il primo album fra i suoi in cui si manifesta questa tendenza.
In "Chi era Lui" è cantata l'incomprensione nei confronti di Gesù Cristo e quindi di Dio, canzone che rientra in quel filone mistico che lo condurrà a film flop come "Joan Lui".

A questo punto fa la sua apparizione il seguito de "Il ragazzo della via Gluck", "La Storia Di Serafino", che per ragioni a me tuttora ignote, viene prima della canzone di cui dovrebbe essere continuazione. Il protagonista è Serafino, pastore diventato ricco grazie a un'eredità. La voce si diffonde e la notizia procura gioia agli abitanti del paese in cui Serafino ha deciso di vivere, ma l'invidia regna sovrana e i suoi nemici lo portano in tribunale con la speranza di farlo passare per matto in modo da accaparrarsi i suoi soldi. Il pastore non ci sta e torna tra i monti da dove è venuto, tanto per ribadire la cattiveria degli uomini nella società. Almeno così mi è sembrato di capire, visto che il film non lo ho mai visto.
"Straordinariamente", banale canzone d'amore, si lascia ascoltare, ma non lascia il segno.
Ecco invece l'evergreen, "Il ragazzo della via Gluck", basato su pochi accordi di chitarra, dove l'Adriano nazionale prende posizione sulla crescente e forsennata urbanizzazione degli anni Sessanta. La canzone narra di un ragazzo che va in città, lasciando la sua amata casa in campagna. Dopo otto anni, egli ha intenzione di ricomprare la sua vecchia abitazione, ma non riesce più a trovarla intorno a tutte le costruzioni sorte in quel lasso di tempo.
Si passa dunque all'ascolto di "Storia d'amore", racconto di una tormentata relazione amorosa, imperniata sul reciproco "odi et amo" catulliano e che termina con un assolo di fisarmonica. Subito dopo "Napoleone, il cowboy e lo zar", dove ognuno dei tre personaggi, apparsi in sogno, sta a rappresentare, secondo la mia personale interpretazione, le potenze dell'epoca, Europa, Stati Uniti d'America e Unione Sovietica. Queste potenze sono descritte come se avessero l'odio in cuore, odio che svanirà improvvisamente quando compare un uomo che la pace porterà. (Chi sarà mai?)
Segue "Una festa sui prati", rappresentazione di un'allegra scampagnata e allo stesso tempo invettiva contro la competitività spinta agli estremi solo per ricavarne un profitto, la battaglia del denaro, appunto.

Altro cavallo di battaglia del Celentano è "Mondo in Mi7a", canzone molto attuale se si pensa che i giornali riportano da anni notizie di tale genere e che i luoghi comuni non sono tanto cambiati nel tempo.

Questa terra è il monopolio delle idee sbagliate
qui si premiano quei film dove c'è un morto in più
si divorano romanzi con l'indizio a rate
c'è persino corruzione dove c'è lo sport .

Provando a riascoltarla, si nota come molti argomenti qui sfiorati (come l'atomica, gli omicidi ormai quotidiani, la mancanza di morale) rimbalzino ancora sui nostri giornali. Possibile che in circa quarant'anni il mondo non sia cambiato di una virgola?

Infine, due brani che danno un senso al titolo dell'album, "L'uomo nasce nudo" e "La pelle": la prima affronta il problema della bomba atomica in modo particolare.
Gli uomini quasi cotti sono ormai per la cena atomica o l'uomo nasce nudo col peccato della mela in fondo al cuore sono passaggi che rendono l' idea del tipo di brano a cui è sottoposto l'ascoltatore. Il peccatore non può fare altro che affidarsi alla sua lei, pura, vestita di bianco e con un corpo senza vergogna. Il finale musicale riesce comunque a rendere la preoccupante idea di un'apocalisse prossima.
"La pelle" tratta della vita e del rispetto che si deve avere per il "vestito della vita" (la pelle) che resta cucito nel nostro corpo finchè si vive: ecco perchè bisogna ringraziare a mani giunte Dio, il "grande sarto", che ha creato la pelle per l'umanità.
Come bonus-track compare "Se sapevo non crescevo": il protagonista del pezzo è un bambino che guarda il mondo da un finestrino e vede strade piene di botteghe, biciclette e cavalli, ma cresciuto non vede altro che réclames che lo porteranno all'esaurimento.

Abbondante uso di fiati nelle canzoni minori e/o meno famose. Testi e musiche affidati soprattutto a Luciano Beretta, Miky Del Prete e Gino Santercole e qualche intervento sporadico di Celentano. Arrangiamenti molto semplici.

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