Aires Tango è un quartetto italo-argentino fautore di una sanguigna fusione tra jazz e tango, memore di Astor Piazzolla, ma che spinge il discorso verso lidi decisamente più jazzistici.

Javier Girotto, nato a Cordoba ma da anni cittadino italiano, suona sax soprano, baritono, più una pletora di strumenti etnici che si rifanno alla tradizione musicale delle regioni andine. E' strumentista assai interessante, sia sotto il punto strettamente jazzistico (collabora con George Garzone, Jerry Bergonzi, Enrico Rava, Antonello Salis, Rita Marcotulli) che per l'economia del gruppo da lui fondato. Suoi compagni sono l'emergente percussionista Michele Rabbia, da ricordare le sue collaborazioni con Stefano Battaglia. Il pianista Alessandro Gwiss è un po' l'alter ego melodico di Girotto, che ha il compito di compensare le furibonde escursioni solistiche del sassofonista con un pianismo austero e struggente, ma anche capace di accelerazioni di tutto rispetto. Completa il quartetto Marco Siniscalco, la cui voce profonda ed umorale al basso elettrico non fa rimpiangere la presenza di un contrabbasso nella formazione.

E proprio con "Homenaje a Astor" si intitola il primo brano, con Girotto che esordisce al sax baritono. Impossibile non citare il disco "Summit", collaborazione del grande bandonenonista con Gerry Mulligan. Toccante le registrazione iniziale e finale della voce di Piazzolla: "My name is Astor Piazzolla, I was born in Argentina, I was raised in new York and my parents were from Trani, Italia. Vi Saluto".

La scaletta del disco è congegnata in maniera molto efficace, e alterna brani suonati nella formazione completa, con momenti in totale solitudine, dove ciascuno ha modo di mostrare la propria bravura strumentale. "Interludio n.1" di Gwis, prelude a "El viaje" uno dei brani più belli del del disco, che ci prende per mano sulle ali di un delicato arpeggio di pianoforte. "Interludio n.3" è un intervento al fretless bass scuro e miserioso di Marco Siniscalco, mentre gli altri due interludi sono tutti per Girotto, che quasi "grida" nel suo sax soprano, portando lo suo strumento ai limiti della sua estensione (e anche oltre): "Interludio n.4 (Kilombo)" è rabbioso, quasi free jazz.

Girotto è assolutamente da ascoltare nei suoi assoli strazianti, come ad esempio nella parte finale di "Passione in fuga", mentre è di grande delicatezza l'assolo di Gwis in "Malvinas". Sono un grande fan degli Aires Tango, e non esito a dirvi che trovo le composizioni di Girotto splendide, possiedono tanta arroganza e sfacciataggine nei momenti più veloci quanto disperato languore nei momenti più delicati ed introspettivi. Fatta salva la grande perizia strumentale dei quattro, è il controllo delle dinamiche, la capacità di passare dai pianissimo ai fortissimo senza soluzione di continuità a sorprendere maggiormente - eredità piazzolliana anche questa, probabilmente.

Ma il quartetto non si vuole fossilizzare all'ombra del grande maestro, e decide di intraprendere anche altre strade, come in "Zamba Para Un Amigo", con Girotto di nuovo al baritono, dove la voce evocativa dell'amico Natalio Mangalavite riporta alla mente le collaborazioni di Nanà Vasconcelos all'interno del Pat Metheny Group. Un discreto uso dell'elettronica fa capolino qua e là, dando un tocco di psichedelia al momento solistico di Girotto in "Mi Viejo".

Ciliegina sulla torta, l'intervento di Peppe Servillo alla voce in "Novedad", virile inno venato di agrodolce tristezza e rassegnazione.

Il disco recensito è del 2001. Durante il suoi quindici anni di carriera, il gruppo ha inciso diversi lavori, tutti molto buoni, c'è solo l'imbarazzo della scelta, ma se riuscite a trovare quelli editi da "Il Manifesto" vi portate a casa dell'ottima musica spendendo 8-10 euro. Di questi tempi, un particolare da non trascurare...

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