Akira Kurosawa ha una storia particolare: nato nel 1910, cresciuto in una famiglia di tradizione Samurai, ricevette un'educazione molto severa dal padre insegnante di arti marziali, che lo obbligava ad eseguire una routine giornaliera avviata da un'ora di marcia all'alba, che passava poi dalla scuola di Kendo al tempio shintoista, dove un funzionario era incaricato di apporre un timbro su un pezzo di carta per accertare che il piccolo Akira si era recato lì, per finire alla sera con una lezione privata di calligrafia, della quale sempre il padre era appassionato.

In fanciullezza Akira sviluppa un carattere artistico, introverso e schivo, ma con la volontà e l'applicazione riesce lentamente a conquistarsi un proprio spazio e la stima dei compagni, che dopo qualche anno di scuola cessano di apostrofarlo con il soprannome "konbeto-san", ovvero "Signor Caramella Gommosa", e lo accettano fino a eleggerlo capoclasse.

Fu Heigo, il fratello maggiore di Akira, ad avvicinare il ragazzo all'arte cinematografica. Heigo svolgeva la professione di benshi, ossia musicista commentatore di film muti e quando, con l'avvento del cinema sonoro, i benshi perdettero inevitabilmente il lavoro dopo un'inutile associazione a scopo di protesta, Heigo, in un momento di solitudine e disperazione, si tolse la vita.

Il giovane Akira, che viveva con lui, fu costretto ad abbandonare gli studi e trovarsi un lavoro. Risponde a un annuncio per un impiego in un laboratorio di fotografia, dove entra in contatto con il regista Kajiro Yamamoto, e lì comincia quella che sarà poi la sua attività di cineasta.

Dersu Uzala è un film nato in circostanze particolari. E' il 1970 e, in seguito all'insuccesso del suo ultimo film "Dodes'ka-den", il regista cade in depressione, arrivando a tentare il suicidio.

Nel 1975, dopo cinque anni di inattività, Kurosawa decide di tornare al lavoro e lo fa con un film girato in location ostili (la Taiga siberiana) e sostenuto da un eccezionale spirito di squadra tra gli attori e lo staff.

La forza di volontà di Kurosawa e la sua fermezza di intenti permeano ogni inquadratura di questa pellicola dallo stile a tratti onirico, ma dalla struttura narrativa coerente e solida.

Il film è basato sulla reale vicenda descritta nei diari di viaggio dell'ufficiale-topografo dell'armata russa Vladimir Arsenjev, stanziato in missione esplorativa nella Siberia orientale.

La storia è concentrata sull'incontro tra il capitano Arsenjev e Dersu, un cacciatore originario di una tribù nomade, solitario in seguito ad un'epidemia di peste che ha distrutto la sua famiglia. Dersu diverrà la guida della spedizione, e instaurerà un rapporto di profonda amicizia con il militare.

Dersu è un uomo sui sessant'anni, cresciuto nella Taiga e che dalla Taiga ricava il necessario per il proprio sostentamento. Si sposta e vive da solo, ma non è un misantropo o un eremita. La solitudine non sembra deprimerlo ma quando ne ha l'occasione sa coltivare il rapporto umano, mostrando un'acuta ironia, innata generosità d'animo e rispetto per ogni fenomeno della Natura.

A questo punto mi viene in mente il confronto con un altro film, che ha come tematica il ruolo e il rapporto dell'uomo nei confronti della natura selvaggia. "Into The Wild" di Sean Penn. Il protagonista, basato su una persona realmente esistita, è un ragazzo che si reca nella foresta per scappare da una situazione dolorosa, abbandonando la propria famiglia senza dare notizie di sè ai genitori e alla sorella. Ovviamente non conosce nulla riguardo a come sopravvivere in un ambiente ostile, e rifiuta le offerte di aiuto avanzategli dalle persone lungo il cammino. Una scelta non molto lontana dal suicidio.

Dersu, come Chris McCandless, ha scelto di vivere da solo; dorme, caccia, mangia, viaggia da solo. Ma a differenza di Chris non si è scordato degli uomini. Partecipa con onestà e totale dedizione alla "missione" militare di Arsenjev, arrivando persino a dirgli, mentre sono perduti nella steppa, alla disperata ricerca di orientamento: "Io ti seguo capitano, tu sai cos'è giusto". Non credo lo avesse pensato veramente, sembrava più un modo per dirgli: "Va bene, vengo con te; vediamo dove mi porti". E alla fine, arrivati ovviamente ad un punto morto, col sopraggiungere della notte, Dersu salva il capitano dal congelamento costruendo in fretta e furia un rifugio con dei giunchi.

Dersu partecipa alla missione, ma non diventa una "guida", un dipendente dell'esercito. Lo fa con l'unico, apparentemente ingenuo scopo di aiutare un altro uomo.

Un film assolutamente da vedere.

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