Quarantuno anni esatti. Tanta è la distanza cronologica che separa queste due meravigliose canzoni di Al Stewart; “Bedsitter Images”, primo brano in scaletta dell’omonimo album d’esordio e “Like William McKinley”, ultima di “Sparks Of Ancient Light”, ad oggi il suo testamento artistico, risalente ormai ad otto anni fa. Tra queste due estreme linee di confine c’è qualcosa che ho già ampiamente descritto in passato, qualcosa per cui Al rimarrà per sempre una delle mia stelle polari, qualcosa per cui avrà la mia eterna gratitudine, qualcosa che mi ha arricchito; nel senso più nobile del termine.

E tutto inizia e finisce qui, compreso tra due canzoni la cui assoluta specularità è troppo evidente, troppo perfetta per essere frutto del caso. In “Bedsitter Images” c’è una fredda e piovosa notte londinese, c’è un giovane senza nulla da perdere, alla prese con i suoi sogni, le sue speranze, la sua solitudine, che immortala sé stesso con queste parole: “And so you see I can’t go back until I either win or crack, I’m standing in a one way street, the stages set, the story incomplete”. E, credetemi, conosco perfettamente questo tipo di sensazione, è qualcosa che mi accompagna tutt’oggi, anche se probabilmente non dovrebbe più essere così.

E quel ragazzo in cerca di fortuna alla fine ha vinto, qualche decade dopo lo ritroviamo nei panni di un saggio, sornione e ironico gentiluomo di campagna, un poeta, un esteta, un’intellettuale, un Musicista che, a furia di marciare imperterrito seguendo il suo ritmo si ritrova così, soddisfatto e appagato, ad osservare il mondo dal portico di casa. E tanto gli basta, al punto che rimpianti e dispiaceri non gli lasciano altro che una pallida impronta; “The country round here is deserted, there’s no one at all, people come here in the summer and leave in the fall, you followed after them, disappeared into the night, now all that’s remain is a footprint you made in the mud, frozen in white”.

Nulla è lasciato al caso; la prima, coronata da magniloquenti orchestrazioni come richiesto dai canoni dell’epoca, è una rincorsa verso l’eccellenza, la seconda, squillante walzer per armonica e chitarra acustica, invece non segue mode e stili, perché arrivato a questo punto Al Stewart il suo stile lo ha già, ed è qualcosa di unico, impagabile; uno stile formato dalla vita, dagli occhi, dalla sensibilità di un uomo dotato di intelligenza, sensibilità ed eleganza assolutamente superiori alla media. Un Uomo che non ho remore a definire come un mio personale eroe, una fonte infinita di ispirazione.

È così che voglio omaggiarti in maniera definitiva, soave poetastro, memoria storica di un mondo che forse non esiste più, carissimo amico mio; a te non daranno mai un premio Nobel, che tanto meriteresti, e allora voglio rimediare a modo mio, celebrandoti ancora una volta quello, con infinito piacere e infinita gratitudine.

Carico i commenti... con calma