Go and tell Lord Grenville that the tide is on the turn/ It's time to haul the anchor up and leave the land astern/ We'll be gone before the dawn returns/ Like voices on the wind.

Bastano un pugno di versi dell'opening track di questo album per ritrovarsi catapultati nell'universo musicale di Al Stewart, un universo che si esprime attraverso testi raffinati, metaforici, a volte anche un po' prolissi, che trovano le loro radici nei grandi poeti cantori degli anni '60 (Bob Dylan in primis). Un universo musicale che nasce dal folk rock anglosassone e caratterizzato da linee melodiche sostanzialmente semplici, ma non per questo banali. Un universo fatto di Storia oltre che di storie (si parlò addirittura di "historical folk rock" riferendosi alla musica del cantautore-chitarrista scozzese), popolato di personaggi più o meno famosi a cui fanno da sfondo grandi eventi storici come la rivoluzione francese, la guerra civile spagnola o l'invasione tedesca dell'unione sovietica. E Lord Grenville è uno di questi personaggi, un comandante della marina inglese del XVI secolo, intrappolato dalla flotta spagnola e ucciso dopo un lungo combattimento, figura emblematica di tanti soldati alla vigilia di battaglie senza speranza, dalle quali sanno che non ci sarà possibilità di ritorno.

L'album "Year Of The Cat" inizia a prendere forma nel 1975 (l'anno del gatto nell'astrologia vietnamita) a due anni di distanza da Past, Present and Future che aveva avuto un inaspettato, sia pur limitato, successo negli USA e in corrispondenza del passaggio di Stewart dalla CBS alla RCA. C'era sicuramente la voglia di "fare il botto" con questo album, se si considera che alla produzione troviamo Alan Parsons (insieme a Stuart Elliot alla batteria e Phil Kenzie al sax, che lo accompagneranno in seguito nei dischi del suo Project), per la registrazione si scelgono i mitici Abbey Road Studios di Londra e per la copertina del disco ci si affida alla celebre agenzia artistica Hipgnosis (quella, per intenderci, delle copertine di quasi tutti gli album dei Pink Floyd).

Rispetto ai lavori precedenti non stupisce quindi una maggiore attenzione all'immediatezza, con soluzioni musicali che ammiccano al pop (pur senza concedergli troppo, come nel successivo "Time Passages"), ma mantenendo comunque alta la liricità dei testi. Oltre alla già citata "Lord Grenville", meritano senz'altro una menzione (e un ascolto) particolare: la trascinante "On The Border", con pregevoli inserti di chitarra spagnola e un'introduzione in cui piano, tastiere, archi, basso e nacchere creano un ingranaggio musicale che si muove con la perfezione di un orologio svizzero; la livida "Midas Shadow", riedizione in chiave moderna della maledizione inflitta al mitico re greco, malinconico affresco del culto del successo e del denaro, fatto di valige di una notte, asettiche camere d'albergo e poltrone d'aereo trasformate in uffici itineranti; l'ariosa "Flying Sorcery", leggera e spensierata, dedicata ad Amy Johnson, la prima donna a realizzare in solitaria la trasvolata dall'Inghilterra all'Australia; la misteriosa "Broadway Hotel", in cui sul tema ossessivamente ripetuto del cantato si inseguono e si intrecciano mirabilmente le divagazioni di violino e mandolino;

On a morning from a Bogart movie/ in a country where they turn back time/ you go strolling through the crowd like Peter Lorre/ contemplating a crime

Canzoni pregevoli, in linea con la sua produzione precedente, ma per fare il botto occorreva qualcosa di più e di diverso e Al Stewart lavorò a lungo su quella che sarebbe diventata la title-track del disco. Inizialmente il brano avrebbe dovuto chiamarsi "At The Foot Of The Stage" e narrare il tragico declino dell'attore comico Tony Hancock, ma non è difficile immaginare che una vecchia volpe come Parsons abbia avuto parecchio da obiettare in proposito… Fu così che iniziò il lungo e faticoso parto, durato una decina di mesi, del singolo Year Of The Cat: si scelse così già dalle prime strofe un'ambientazione più ammiccante (i riferimenti a Bogart e Lorre rimandano evidentemente al film Casablanca), qualche vago riferimento all'oriente (l'anno del gatto, appunto, ma anche la misteriosa figura femminile che corre avvolta in un "abito di seta simile ad un acquerello nella pioggia") fino ad echi odorosi della cultura hippy (l'incenso e l'essenza di patchouli). Pare anche certo che Parsons abbia fortemente voluto l'inserimento del sax di Phil Kenzie nella sezione centrale, una sorta di assolo a staffetta, che si articola come un meccanismo perfettamente oliato, in cui si alternano sulla scena la chitarra acustica, quella elettrica e infine appunto il sax.

La melodia lenta e accattivante, nonché l'ambientazione esotica che fa da sfondo alla storia romantica tra un turista e una fascinosa ragazza locale, fecero di questo brano una tra le più note canzoni d'amore della storia musicale. Vorrei tuttavia far notare una curiosità una specie di piccola incongruenza, non saprei quanto voluta dall'autore (forse per "vendicarsi" di quella bocciatura dell'idea iniziale?): la strofa su "Peter Lorre contemplating a crime" evoca in effetti ai cinefili più smaliziati l'indimenticabile "M - Il Mostro Di Dusseldorf" di Fritz Lang e lo sguardo di Lorre in quel film evoca tutt'altro che facile romanticismo, gettando una luce ben diversa e assai più tetra sulla presunta "storia d'amore"… Comunque, al di là dei possibili significati nascosti, la pubblicazione nel 1976 vide un successo clamoroso del singolo e, a traino, dell'intero album, che nel corso degli anni vendette oltre un milione di copie.

In conclusione, un album particolare, da ascoltare ma anche da leggere (e possibilmente con un buon dizionario a portata di mano), che a quelli della mia generazione non mancherà di evocare ricordi lontani (e non soltanto musicali!). Forse il miglior compromesso che questo moderno trovatore sia riuscito ad esprimere tra musica e parole.

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