Si può considerare Mario Alberto Lattuada uno degli esponenti principali dell’arte cinematografica italiana e non solo, con al suo attivo almeno 35 film, questo è una delle sue prime prove, risalente all’oramai lontanissimo 1947, coadiuvato nella sceneggiatura anche da Federico Fellini (allora non ancora regista ma ehm, si farà…), tra gli interpreti oltre ai principali: Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Yvonne Sanson, troviamo due quasi debuttanti e giovanissime ovverosia: la diciasettenne Silvana Mangano e la ventenne Gina Lollobrigida (recentemente scomparsa).

La trama è tratta dal quasi omonimo romanzo di Gabriele D'Annunzio del 1892 ed infatti la vicenda è ambientata tra fine ‘800 e l’inizio del nuovo XX° secolo.

In questo film Lattuada si allontana da qualsiasi filone o corrente precedente per iniziare a seguire una sua poetica di base, cioè quella dell'individuo senza scrupoli in contrapposizione ad una società inerte ed indifferente a tutto, come negli altri suoi film precedenti anche qui vediamo già contenere quasi tutti quegli elementi stilistici inseriti nelle sue future regie, come l’equilibrio interno dell'inquadratura, la messa in risalto dei dettagli e l’uso sapiente delle luci, calibrati movimenti di macchina e controllati stacchi finali al montaggio, ecco queste saranno le cifre alle quali rimarrà fedele.

Fin dall’inizio sono catturato dallo svolgersi della vicenda all’interno di uffici d’archivio simili al mio (con le dovute differenze dovute all’epoca) anche nelle figure del personale, con la differenza che almeno da noi non ci stan solo uomini grazie a dio, vediamo un Aldo Fabrizi quarantenne e una Ave Ninchi trentenne non ancora obesi nel loro fisico, il film scorre veloce nei suoi colpi di scena, peccato solo per i dialoghi, che sono doppiati in una maniera dove salta agli occhi un labiale fuori sincrono, ma per il resto risulta molto avvincente e coinvolgente.

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