Volevo oggi riportarvi alla memoria questo romanzo di Moravia, autore che negli ultimi anni è finito un po’ nel dimenticatoio, nonostante sia stato uno dei pochi intellettuali italiani capaci di portare in prosa lo stato d’animo della società italiana degli anni ’50.

Nel ‘Disprezzo’ il protagonista è Riccardo, prototipo del borghese medio, felicemente spostato (con Emilia), con un lavoro non troppo appagante ma sufficiente a garantirgli uno stipendio necessario a pagare le rate della casa, tutta la sua vita, insomma, sembra proseguire su dei binari tracciati, quando all’improvviso, senza un motivo apparente, sua moglie gli confessa di non essere più innamorata di lui, anzi, addirittura di disprezzarlo. Il mondo gli cade ai sui piedi, tutto quello che aveva costruito in anni di sacrifici stava andando in fumo, e per qual motivo poi? Il più grande punto interrogativo di Riccardo è infatti quello di non trovare una risposta a questo comportamento.

Al di là della trama, e dei pochi personaggi che popolano il romanzo, quello che emerge, come in altri romanzi di Moravia, è l’apatia, l’indifferenza, un’ondata di griogiore che popola le case della piccola borghesia, in cui perfino i paesaggi di Capri sembrano illuminati da una luce sbiadita. In questo contesto arido, reso splendidamente attraverso uno stile asciutto ed essenziale, si stagliano Riccardo, Emilia ed il loro rapporto, un amore vero forse, ma mai tangibile, quasi astratto, e così precario che non appena la ‘donna non civilizzata’ sente venire meno qualche sicurezza ecco che decide di far precipitare tutto, senza porsi il pensiero che forse è possibile trovare una soluzione. Poco importa della rivisitazione freudiana dell’Odissea proposta dal regista Rheingold, in cui le vicende di Ulisse tanto assomigliano a quelle di Riccardo, perché l’unica realtà è che Emilia non lo ama più e questo è tutto.

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