Alberto Savinio non è uno scrittore facile da affrontare. Innanzitutto bisogna precisare che non è stato solo uno scrittore, piuttosto va trattato come un vero e proprio artista. Si diploma al conservatorio e nel maggio del 1914, a 23 anni, esordisce con un concerto per pianoforte tenutosi nella sede de "Les Soirées De Paris" (rivista letteraria fondata da Apollinaire, amico di Savinio) con "Les Chants de la Mi-mort", composizione di stampo nettamente avanguardistico. Savinio era pienamente calato nell'ambiente delle avanguardie parigine e ne fece parte a tutti gli effetti, frequentava Max Jacob, Apollinaire, Cocteau e altri esponenti del movimento. Il suo esordio musicale è importante perchè con il titolo "Les Chants de la Mi-mort" aprirà anche la prima sezione dell'"Hermaphrodito", connotandone così il senso in direzione di un forte sperimentalismo e di un gusto del tutto originale ed esotico.

Ma il nostro autore oltre che musicista e scrittore sarà anche pittore, in particolare dalla metà degli anni Venti; e poi anche critico musicale, critico cinematografico e saggista. Ed ecco che emerge la grande difficoltà nel cogliere il suo profilo. Savinio era tante cose ed è possibile approcciare alla sua figura da molti, forse troppi, punti di vista i quali sembrano anche collidere tra loro. Per questo non basta una rapida occhiata alle sue opere, non basta un primo giudizio e non può soddisfare una prima impressione. Bisogna fare sedimentare le idee e le opinioni; è necessario accantonarlo e poi riprenderlo per comprendere meglio molte sfaccettature che inizialmente sfuggono; per cogliere i piccoli segnali che rendono la sua opera molto più coesa e coerente di come appare.

Un altro elemento legato alla sua molteplicità è connaturato alla sua identità: Alberto Savinio è uno pseudonimo. Il suo nome all'anagrafe è Andrea Francesco Alberto de Chirico, fratello minore del celebre Giorgio de Chirico. Anche per l'ingombrante figura del fratello Alberto ha voluto creare un'identità fittizia, ma la sua persona non si ferma a due manifestazioni di sè, infatti nel corso della sua esistenza (letteraria) sarà anche Nivasio Dolcemare, il Signor Dido, il Signor Münster e altri. Dunque siamo di fronte ad un vero e proprio programma poetico, non si tratta solo di un'auto-affermazione esistenziale. La molteplicità di Savinio va letta su più livelli differenti: artistico, personale, poetico ed esistenziale.

"Hermaphrodito", prima pubblicazione in forma-libro dell'autore, è un'esatta manifestazione di questa spinta poliedrica, schizofrenica ed eclettica: si tratta di una raccolta di testi difficilmente categorizzabile vista l'eterogeneità che ci viene offerta dall'autore. Forse solo l'etichetta di pastiche può essere in qualche modo adeguata. Qui si alternano scritti propriamente narrativi ad altri più espressionistici e icastici, troviamo diverse lingue (italiano, francese, greco e latino) spesso anche nello stesso testo; la sezione degli "Chants", come dice il sottotitolo, è una raccolta di scene tratte da un dramma chiamato "Risorgimento", forse un progetto mai compiuto o forse un semplice espediente narrativo usato da Savinio per arricchire la sua "strana raccolta". La seconda sezione prende nome dal titolo dell'opera e contiente al suo interno i "Canti della mezza morte", un prolungamento degli "Chants" appunto. Nel sottotitolo "Microscopio-Telescopio" non manca un riferimento a Voltaire e al relativismo, altro spunto per comprendere l'orizzonte culturale saviniano. E poi, sempre nella seconda parte, troviamo il vero corpus dell'opera, composto dagli episodi più disparati.

La lettura dei diversi "racconti" può essere metaforicamente descritta come una visita in un museo o come un viaggio d'esplorazione nell'universo saviniano. Si passa da un particolarissimo "canto cittadino su Ferrara" con "Frara città del Worbas" a riflessioni di carattere anti-clericale con "Il papa in guerra". Si salta da un elogio della figura di Mazzini in "Epoca Risorgimento" ad un'apostrofe interventista con "La Guerra", per poi descrivere nel finale dell'opera le sofferenze, i momenti di gioia e in generale l'esperienza, vissuta in prima persona, della prima guerra mondiale con "Partenza - Ferrara", "Isabella Hasson" (dove si sovrappongono le figure della ballerina e della città di Salonicco) e "La Partenza dell'Argonauta", vero e proprio romanzo breve in quattro capitolo più epilogo.

Il riferimento al mito greco è parte costitutiva della poetica di Savinio, essendo egli nato ad Atene sentirà sempre sua questa doppia natura; ed è con questa chiave di lettura che possiamo comprendere l'altrimenti incomprensibile "Dio-routalibera", vero e proprio esercizio di scrittura avanguardistica quasi senza paragoni nel nostro panorama letterario. Ma le stranezze non terminano qui, troviamo anche un piccolo prosimetro, "La Festa Muratoria", e racconti incentrati su ironici giochi linguistici come "Il Rocchetto di Venere". Riassumendo: Savinio è mazziniano (patriota ma europeista), greco ma anche un po' francese, interventista, ateo, avanguardistico, narratore e "scrittore di immagini", autobiografico (in tutti gli scritti c'è una base autobiografica), metaforico e ironico.

Capite bene come tale complessità possa facilmente essere interpretata come semplice orpello, come gusto barocco fine a sè stesso; e non avete certo torto a pensarlo, Savinio è sicuramente pieno di sè a dismisura e prova infinito piacere a mostrare le sue capacità tramite l'eccesso e la bizzarria, ma questo fa parte del contesto storico e culturale in cui si è formato oltre che di una sua attitudine naturale, che spesso finisce con l'offuscarne il talento. Possiamo parlare di opera acerba, sintomo dell'esuberanza giovanile; di autobiografia espressionistica; di esercizio plurilinguistico e pluristilistico (sembra uno scherzo ma come si scoprirà molto più avanti dai suoi appunti giovanili questa era anche una reinterpretazione dello stile dantesco); di pastiche letterario o anche di tremendo buco nell'acqua.

Io credo che si tratti di uno dei più interessanti esperimenti della nostra letteratura di inizio secolo e non solo. I nostri critici all'epoca erano troppo impegnati a demolire la Scapigliatura e a discutere del primato di Manzoni, Verga o D'Annunzio, ma anche ad elogiare i "vociani" Jahier, Slapater, Soffici, Papini, etc... di cui anche il nostro Savinio faceva parte ma evidentemente non era convincente. Forse, come spesso accade a noi italiani, abbiamo solo trattato con una punta di disprezzo e di distacco un autore che ha sposato la causa di una letteratura e di un pensiero di respiro europeo, che non ha esitato a tuffarsi in altri ambienti e in altre situazioni rispetto alla nostra annosa e forse anche pesante cultura classica (e se Savinio -che ha dipinto quasi solo mitologia greca, che è nato e ha combattuto in Grecia, che ha dedicato pagine su pagine a mnemosyne, che ha scritto l'"Achille Innamorato"- non è intriso di cultura classica chi lo è allora?). Nella poca considerazione rispetto alle sue opere scorgo un sano "provincialismo tutto italiano", lo stesso che ci ha visto discutere per decenni di Croce mentre nel resto d'Europa dirompevano Nietzsche e Marx; lo stesso provincialismo che ci ha fatto scoprire la psicoanalisi e lo strutturalismo solo negli anni Sessanta.

Mi resta solo da spiegare il titolo dell'opera: "Hermaphrodito" vuol'essere metafora del celebre mito greco in chiave artistica. L'uomo e la donna, parti divise del mitico ermafrodito platonico, vengono sostituiti dall'artista e dal concetto di arte. Allora la rinascita dell'ermafrodito può avvenire solo tramite la creazione dell'opera d'arte; vera sintesi dell'artista e del concetto di arte.

Nel corso del Novecento figure del calibro di Sanguineti, Sciascia, Arbasino e Bréton, che addirittura descrisse Savinio come vero precursore e ispiratore della poetica Surrealista, si prodigarono nel tessere le lodi del nostro autore; i suoi saggifilosofico-artistici usciti su "Valori Plastici" verso la fine degli anni Dieci sono stati riconosciuti come pieno compimento della poetica Metafisica, di cui Giorgio fu esponente pittorico tanto quanto Alberto ne fu esponente letterario. Leggendo "Hermaphrodito" possiamo ritrovare le tipiche atmosfere metafisiche: le piazze deserte, i manichini, una luce da "grande meriggio", etc...Resta il fatto che ad oggi Savinio non ha ancora ottenuto la dignità artistica che a mio avviso gli spetta. Ma il tempo è sempre gentiluomo.

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