“Lo bailado y lo comido, nadie te los quita”, si consolano gli argentini.
Quello che hai goduto, cioè, non te lo toglie nessuno.
Che la carne possa godere, si sa. Che anche lo spirito ne sia capace, questo concerto lo ha provato. Un pianoforte nero, incorniciato da tendaggi neri, campeggia sul palco nero. Un pianoforte enorme, che riempie di musica per un’ora intera quel piccolo gioiello liberty nel cuore di Roma che è il Teatro Flaiano. Per un’ora la musica di “Chi mi darà le ali” si è incarnata ed ha abitato fra noi.
Abbandonando la perfezione del cd, si è tradotta in vibrazioni potenti, prepotenti, sporche, vicine. Uno sguardo guardingo, e Alessandra inizia il lavoro. Rimane concentrata su quella tastiera come un artigiano sulla propria creazione, come un domatore nella gabbia, consapevole di ogni mossa di quella musica, portandola a comportarsi esattamente come vuole lei. Stabilisce il tono “terreno” “In grazia del tuo nome”, misurato ma calcato, teso. Alessandra è determinata e, da creatrice, chiama alla vita ogni nota, dando a ciascuna peso e dimensione, imponendo il proprio ordine. “Raccoglici insieme” abbandona la cantilena un po’ da rosario che ha nel disco per appassionarsi, acquistando in dinamica, implorando. E’ uno dei brani più espressivi. Inizia poi il "Salmo", e la promessa del cd viene materializzata: la musica si fa carne e sangue, speranze e difficoltà immanenti. “Ecco, errando” presenta gli stessi fraseggi gentili e manierati del Mertens di “Close Cover”, per poi articolarsi in una sillabazione chiara, incisiva. Anche in “Disperdili” avverto echi di Mertens, ma sarà perché conoscendo il diavolo son portato a vederlo dappertutto. “Giorno e notte”, con il suo animatissimo corpo, suona come una chiamata all’armi. “Ci legava”, domesticata nel disco, inizia come un tuono in avvicinamento, cupo e veloce. Una menzione anche per “Di sera, al mattino”, e i suoi due volti: la femminea, struggente melodia e il ruggito della bestia, che evaporano alla fine in volute che si sventagliano.
I giornali hanno presentato questo concerto con parole come “minimalismo”, “romanticismo”, “melodia” e “colorismo”. Vero, tutto vero, ma questa è la forma. La sostanza importa di più, ed è tutto a che vedere con il sentire. Nell’universo di quest’ artista, Dio ha portato alla vita una creatura che sente, che soffre, che si arrabbia, che ha paura, un nucleo di percezione calato nella carne, sì, ma ancora palesemente collegato al creatore da un rapporto di consanguineità. “Chi mi darà le ali” è la risposta di un’anima, un po’ donna ma angelo per la maggior parte, in partenza sul filo diretto con l’Altissimo. Come possiamo rispondere alla Sua chiamata ? Sarebbe sbagliato usare l’intelligenza: la nostra capacità di comprensione della vita e di noi stessi è così lacunosa che uno spettacolo d’avanguardia, di ardite frasi e di inediti accostamenti gli risulterebbe ridicolo. Ecco perché “CMDLA” non rompe gli schemi con innovazioni di linguaggio. Ecco perché “CMDLA” è invece una composizione organica, dallo svolgimento pacato, un po’ organizzata, un po’ improvvisata, come la vita.
Il disco è bello ma trovarsi lì, ad ascoltarne i fraseggi dal vivo, dal vero, in questo preciso e prezioso attimo, è come – senza coscientemente averlo voluto – trovarsi a partecipare ad un’azione di grazie. E’ un rito durante il quale vengono espresse le vicissitudini, i buchi neri, gli scampoli di serenità, le bordate destabilizzanti e le speranze di noi, piccoli uomini e piccole donne, di arrivare un giorno all’isola della pace. Questo concerto è stato un’intensa visita alla casa paterna.
Lo escuchado también, no nos lo quitará nadie.
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