"E cammina lento il corso della vita il messaggio è nel silenzio, nella sobrietà" 

da  "Tempo senza tempo" 

"Park Hotel", '86, ha aperto definitivamente una nuova strada. Una musica sempre più rivolta verso il mondo, accompagnata da un lirismo ricercato e sospeso e concretizzata da un gruppo di musicisti unici, Phil Manzanera, Tony Levin e Jerry Marotta. "Park Hotel" è quasi capolavoro, ma "Il sole nella pioggia" è l'affermazione definitiva di Alice come artista che rompe ormai  i confini delle sue esperienze passate per arricchirsi di nuovi suoni coadiuvata nuovamente da collaboratori preziosi. Nel '89 esce quello che è il primo di tre capitoli musicali perfetti; raffinati e ricercati delineano ormai i tratti principali di un'artista matura che riesce a imporsi oltre i confini nazionali con la sua musica che  ha abbandonato le splendide e accattivanti turbolenze della prima metà del decennio per arrivare ad una classe elegante e unica.

Già in "Park Hotel" Juri Camisasca aveva firmato alcuni testi tra cui "Nomadi", in questo lavoro le liriche sono quasi tutte sue e riflettono la sua esperienza vissuta nell'isolamento più totale per almeno un decennio. "Il sole nella pioggia" è un disco in cui Alice canta di ritmi lenti, di una percezione armoniosa del proprio io. La natura, il tempo, lo spazio, tutto viene percepito come elemento fondamentale della propria vita. Si deve ricercare l'equilibrio nelle piccole cose, poi questo si rifletterà naturalmente nell'immensità. Ci si trova di fronte ad un disco che ha una ricchezza incredibile, le canzoni sfumano le une dentro le altre naturalmente; si vive così una piacevole esperienza di pace e pacatezza, di contro tre anni dopo "Mezzogiorno sulle Alpi" porrà l'occhio più sul divenire urbano fonte di caos e dispersione. Alice è aiutata in questo lavoro da musicisti di notevole spessore, gli ex-Japan Barbieri e Jansen, Paolo Fresu, Dave Gregory e Peter Hammil per citare solo i più noti. Non semplici session man ma veri coautori con la propria personalità e esperienza di parte dell'anima di questo disco. Steve Jansen porta il suo inconfondibile drumming al servizio di brani stupendi, già dalle prime note della title track per poi impreziosire "Visioni", "Cieli Del Nord", "Le Baccanti". Per Alice inizia così la collaborazione con quello che è ancora oggi il suo batterista nei concerti. Le canzoni hanno tutte una identità musicale propria, piccoli affreschi di poesia in cui anche l'orecchiabilità rende il tutto molto fluido e alla portata di tutti, "Visioni quando è svanita la nebbia la luce nella memoria, l'alba dentro la sera. Sempre meno conosci." Dave Gregory, la sua abilità alla chitarra per "L'era del Mito" e "Anìn a grìs", quest'ultima un brano tradizionale friulano (terra adottiva di Carla Bissi) molto bello nel suo lento incedere romantico, "andiamo a grilli, stasera, fra erba e terra vicino al Tagliamento. Andiamo a smarrirci nell'oscurità fra cespugli e cielo". Da Finardi Alice prende in prestito "Le ragazze di Osaka". Ora è più lenta, un'atmosfera leggera, Jansen delinea la linea ritmica Barbieri aggiunge le tastiere, la canzone acquista forse quella che è la sua forma definitiva e che la inserisce in armonia con il resto delle canzoni, definirla cover è riduttivo. A chiudere il disco, "Now And Forever" cantata con Hammill, duetto efficace e coinvolgente.

Ad oggi "Il sole nella pioggia" è una delle opere più belle della musica degli ultimi anni, raramente si ha la sensazione di ascoltare realmente qualcosa di veramente perfetto, anche il suo successore è qualcosa di meraviglioso. Tempo fa lessi il commento a questo disco scritto da un critico musicale americano, rimasto senza fiato si chiedeva il motivo per cui non fosse conosciuto universalmente e Alice considerata come una delle massime artiste femminili al mondo. La risposta? Se fosse nata di madre lingua inglese chissà...ma il suo nome è conosciuto e essere sulla bocca di tutti poi non è sempre motivo d'orgoglio.

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