Ambrose Akinmusire non è mai stato un artista convenzionale. La sua carriera è stata una continua ricerca sonora, una sintesi tra jazz, musica da camera, hip-hop e sperimentazione. Con "Honey from a Winter Stone", il trombettista e compositore californiano porta questa ricerca a un nuovo livello, costruendo un album che si muove con naturalezza tra strutture classiche e l'imprevedibilità dell'improvvisazione, tra il lirismo della sua tromba e il vigore delle ritmiche hip-hop, tra la delicatezza degli archi e la crudezza della parola parlata. Se il precedente "Origami Harvest" aveva già gettato le basi per questo ibrido sonoro, qui Akinmusire raggiunge una maturità espressiva che rende ogni elemento perfettamente coeso, mai forzato o superfluo.
L'album si apre con "muffled screams", un brano di 15 minuti che incarna perfettamente il concetto di tensione e rilascio tanto caro al musicista. Il pezzo, ispirato a un'esperienza di pre-morte vissuta da Akinmusire, si sviluppa come un dramma in più atti: una tromba malinconica e un pianoforte tremolante introducono l'ascoltatore in un'atmosfera sospesa, quasi eterea, prima che l'intervento di Kokayi – cantante, rapper e improvvisatore – dia al brano una nuova dimensione narrativa. L'ingresso del Mivos Quartet amplifica la tensione, e la batteria di Justin Brown guida il tutto in un crescendo emotivo che esplode in un climax di pura potenza espressiva.
Se "muffled screams" è una dichiarazione di intenti, "Bloomed" e "MYanx" confermano la capacità di Akinmusire di fondere con naturalezza mondi sonori apparentemente distanti. Il primo è un viaggio sonoro in cui il quartetto d'archi disegna linee ossessive su cui la tromba danza con una ferocia controllata, mentre il secondo è un'esplorazione dell'ansia e della salute mentale nella comunità nera, dove il groove hip-hop si intreccia con il jazz e le parole di Kokayi diventano un vero e proprio strumento ritmico.
In "Owled", Akinmusire mette in scena un gioco di specchi tra la classicità e la contemporaneità: il brano inizia come un pezzo di musica da camera con eleganti linee per archi e pianoforte, per poi trasformarsi in un esplosivo mix di jazz e hip-hop. La tromba di Akinmusire entra tardi, quasi in punta di piedi, ma quando lo fa è un grido liberatorio, una voce in cerca di risposte in un mondo frastagliato.
Ma è con "s-/Kinfolks", il mastodontico pezzo conclusivo di 29 minuti, che Akinmusire firma il suo capolavoro. Qui l'album si apre completamente, diventando una suite in continua trasformazione, un affresco sonoro che attraversa paesaggi musicali diversissimi con una coesione sorprendente. L'album si chiude in una sorta di dissolvenza emotiva, lasciando l'ascoltatore con la sensazione di aver attraversato qualcosa di unico.
Con "Honey from a Winter Stone", Ambrose Akinmusire dimostra ancora una volta di essere uno dei più visionari compositori e strumentisti del nostro tempo. La sua musica è un atto di resistenza, un'indagine profonda sulle paure, le lotte e le speranze della comunità nera, un ponte tra il passato e il futuro del jazz. Un album che sfida ogni definizione, in cui la bellezza convive con il disordine, l'armonia con la dissonanza, la tradizione con l'innovazione. E proprio in questa tensione si cela il suo straordinario fascino.
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