Giovedì, riunione di lavoro, ore 10 del mattino, fa caldo. Indosso un abito marrone del cazzo comprato da Zara, cravatta dello stesso colore sopra ad una camicia viola, porto scarpe eleganti. Il tavolo è ovale e grigio, le pareti verdi e bianche, mi siedo assieme ad altre cinque persone che iniziano a scambiarsi i saluti di circostanza nonostante a nessuno freghi nulla di qualcun altro fra i presenti, io concentro la mia attenzione sul cercare di non vomitare i due caffè presi tra la sveglia e l'ingresso in ascensore di dieci minuti fa. Non basta tenere soltanto gli occhi aperti per buttare giù un sorso di caffè (cit.). Diciottesimo piano. Ognuno di questi incontri ha un senso di inutilità che mi trova estraneo e vulnerabile, eppure sono lì, con il mio mal di testa, i miei pensieri che cercano una finestra aperta per scappare, il mio stomaco che ancora non riesce a digerire le sorsate d'assenzio zuccherato, la mia mente che da un lato cerca di spiegarmi perchè mi trovo qui, dall'altro mi ripropone un nome perso nella nebbia di chissà quando: Amor De Dias, amore dei giorni, quelli ormai andati. Li ho sentiti ieri sera, sì, mi convinco di questa cosa. Ci siamo tutti, la mia responsabile indossa un vestito colorato che la fa più mamma di quanto già non sia, il napoletano introduce gli argomenti mentre nella mia testa rimbomba una musica martellante che gira in Mi minore, Sol, Re, Si minore.
"Street Of The Love Of Days", così si chiamava il disco, invece me lo ricordo tranquillo come il mare al tramonto, un raffinato Indie-pop iberico dalle calme e sonnolente atmosfere, una quiete sterminata frutto della collaborazione fra Alasdair MacLean (The Clientele) e Lupe Núñez-Fernández (Pipas); quella quiete che vado cercando ogni volta che un'ansia senza nome si fa strada fra le mie interiora. Sbatto tre volte le palpebre e vedo che la mia responsabile già sta scrivendo qualcosa sul blocco degli appunti, il suo rigoroso ordine femminile le fa annotare la data in alto a destra, l'argomento della riunione sottolineato in centro e un primo pallino di un futuro elenco che per ora è bianco, io mi accorgo che sudo in fronte e per non rendere troppo evidente il fatto che non ho uno straccio di carta, nè una penna, collego il computer e apro un txt vuoto. "Foxes' Song" apriva e chiudeva il disco quasi illuminata dalla luce di una candela, ogni canzone che mi viene in mente è fragile, piccola, adesso mi ricordo di "Bunhill Fields", scura, "Season of Light", malinconica, "I See Your Face", notturna e rilassata. Il napoletano continua a parlare, ora sta in piedi, la vecchia ogni tanto lo interrompe, la mia responsabile allunga il proprio elenco di pallini, il pelato muto scrive, il supervisore gioca con il BlackBerry, io rischio di addormentarmi sul pensiero di "Dream (Dead Hands)" che già la sera prima mi ha messo a dura prova con quella sua melodia da sonno che mi pareva la pubblicità della Eminflex in cui gli elefanti saltano la staccionata. Per fortuna mi viene in mente "Late Mornings", più allegra nonostante Alasdair MacLean ce la metta tutta per sussurrare il più possibile, appena prima che il napoletano mi chiami in causa per sapere da me il famoso punto della situazione. Deglutisco amaro, mi passo la mano sulla fronte ed inizio a parlare, nonostante ora mi giri nelle orecchie l'atmosfera cupa di "Harvest Time", la sua voce cristallina, i suoi fiati, i suoi arpeggi a mezz'aria.
Ad ogni modo tocca a me, parlo. Ho un alito che pare che mi son lavato i denti con lo spazzolino del cesso. Quando finisco, è finita anche "Harvest Time", chissà che cazzo ho detto ma dalle facce che vedo penso di essermela cavata. Le facce, proprio loro, tutte quelle fisse su di me adesso che sembra vogliano dire "sei uno di noi" (Mi minore), "ti supporteremo" (Sol), "dobbiamo fare lavoro di squadra" (Re), "uniti vinceremo" (Si minore), "dobbiamo garantire risultati" (Mi minore), "dobbiamo raggiungere l'obiettivo" (Sol), "dobbiamo rispettare la consegna" (Re), "saremo sempre con te" (Si minore). No, adesso no, oggi non appartengo qui, oggi me ne sto cullato con l'idea mortuaria che "Birds" e "Touchstone" mi davano ieri, ora navigo lontano aiutato dagli Amor De Dias, perchè è lì che voglio andare, in Spagna, Grecia, Portogallo, o nel Tennessee. Perchè? Perchè è lontano (altra cit.). Lontano come "Wild Winter Trees" mi ha saputo portare per poco tempo, il tempo di soffocare un pensiero, una zolletta di zucchero nel mio assenzio.
"Street Of The Love Of Days" è palloso, sì, ma è un disco che ha i suoi momenti. Pausa, il napoletano mi chiede se voglio un caffè alle macchinette, io reprimo un conato e rispondo che "magari prendo un'acqua".
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