Il cuore l’ho lasciato da qualche parte tra i bit di “Giddy Up” e “Big Attraction” e ci torno sempre a cercare qualche brandello.

E però che bravi (coraggiosi? incoscienti?) “questi” Amyl And The Sniffers che da tre anni, all’altezza di “Comfort To Me”, hanno preso a deviare dalla strada maestra lastricata di hard punk’n’roll da pub.

“Prendiamo da questa parte, dai”

“Dove porta?”

“Cazzo ne so, lo vedremo durante il cammino. Vieni?”

“Massì, vengo”

In fondo, andare da qualche parte è sempre meglio che andare da nessuna parte, essendo cosa nota che da nessuna parte ci vanno solo gli idioti.

Alla fine siamo arrivati a “Cartoon Darkness”, il difficile terzo album. Quello della transizione verso un dove che non si vede.

“Mai sentiti prima, però tre album non me li posso permettere, massimo due”

“Allora lascia perdere questo e buttati sui primi due”

Insomma, “Cartoon Darkness” un paio di difetti ce l’ha.

Il primo è il sentimento che erutta da più solchi, un senso ora di rivendicazione ora di ribellismo a dir poco infantile: “io sono una rocker, tu sei un coglione”, “io mi faccio il culo sui palchi di mezzo mondo, tu sei un critico che si fa le seghe davanti alla macchina da scrivere”, “io e le mie amiche ce l’andiamo a spassare, tu e i tuoi amici levatevi di torno”.

“Cantava le stesse cose 10 anni fa, paro paro”

“Sì però 10 anni fa i dischi se li faceva da sola in cantina e, grasso che cola, ne vendeva una ventina di copie, ora incide per una major”

Qualcuno scrisse che il mezzo è il messaggio, non so come e perché, ma spero renda il senso di quello che intendo.

Il secondo è proprio che non capisco granché dove stiano andando Amy, Bryce, Declan e Gus. Dentro “Cartoon Darkness” ci sta di tutto o, almeno, io ci sento di tutto: dai Birdman e un grandioso decennio di rock australiano ai Motorhead fino ai Dire Straits e i Rockets (!), fosse solo per pochi secondi ma ce li sento. Magari è per questo che il 25 ottobre sono spuntate online migliaia di recensioni, da Kerrang fino al Financial Times, tutte mediamente osannanti. Mi suona strano, è un “problema” mio.

“Da quando in qua la varietà stilistica è male?”

“Per me il più grande album della storia è “London Calling”, pensa te”

Il fatto è che i Clash nel ‘79 avevano per le mani 19 capolavori, uno diverso dall’altro, hanno tirato le somme ed il risultato è un monolite di bellezza e compattezza; gli Sniffers, oggi, 13 capolavori se li sognano e, come scrive il critico colla macchina da scrivere, l’album sconta una penalizzante disomogeneità di fondo.

“Ma è brutto?”

“Che, scherzi? È un gran bell’album”

Perché queste 13 canzoni non sono affatto male, non sono dei capolavori, ma meritano molto.

Ecco, le avessero pubblicate in due ep e due 45 giri, sarebbero risaltate molto meglio.

“Sai quanto vendono gli ep e i singoli in confronto agli album?”

“Giusto, ora incidono per una major”

Però, in un posto migliore, la storia dei due ep e dei due singoli poteva funzionare.

Nel primo ep ci mettevi gli Sniffers pestoni, fracassoni e fancazzisti, quelli di “It’s Mine” e “Motorbike Song”, di “Pigs” e “Do It Do It”: l’avrei pizzato lì vicino a “Giddy Up” e “Big Attractions” e di sicuro ci avrei lasciato un altro piccolo pezzetto di cuore. Per Kerrang sarebbe stato uno dei dischi fondamentali del decennio.

Poi usciva il 45 giri, sul lato a “Jerkin’” e sul lato b “U Should Not Be Doing That”, il cordone che lega Amy e i ragazzi alla bellissima “Hertz”, ormai storia di tre anni fa. Questo sarebbe piaciuto molto a quelli di Pitchfork e Ondarock ma pure Blow Up. ne valesse la pena investirei 10 euro per leggere cosa ne scrive il Guglielmi.

Altro ep, la maturità degli Sniffers: ma che bella che è “Chewing Gum”, il pensiero corre a “Angel” sull’esordio, penso a quanto “suonano meglio” Amy e gli altri; “Big Dreams” e “Bailing On Me”, come “Knifey” su “Comfort To Me”, penso che la maturità sia anche ripetere che questo schifo ti sta ammazzando e te ne vuoi andare prima di restarci secco, e però c’è modo e modo per dirlo e farlo davvero, fosse pure fischiettando una volta che ne sei uscito; chiude “Going Somewhere”, dentro ci sta (quasi) tutto il senso di “questi” Sniffers, e quando Amy se ne esce che la rosa più profumata nasce dalla merda della mucca, chissà perché mi sembra di averla già sentita questa storia. A occhio e croce, questo strapperebbe cinque stelle sul Guardian.

Restava il secondo singoletto e ci finivano “Tiny Bikini” e “Me And The Girls”: “che è stammerda?”, proruppe Greil Marcus all’ascolto di “Self Portrait” di Bob Dylan, “che è stammerda?” proruppi io al primo ascolto di “Sandinista”. Tempo al tempo, fra un paio d’anni saranno i miei Sniffers preferiti. Sarebbero stati i preferiti del Financial Times, tra qualche settimana chissà cosa ne scriveranno sul 24 Ore.

Sia come sia, Amy ti voglio un gran bene, pure a Bryce, a Declan e a Gus, perfino a Cal.

Non sono un critico, non ho la macchina da scrivere e questa, ovviamente, non è una recensione.

Carico i commenti...  con calma