Dopo una lunga battaglia legale, finalmente la magica parola Yes compare nel titolo di questo album del gruppo Anderson, Bruford, Wakeman & Howe. E a mio giudizio, l'opera è degna di tale nome. Nell'album sono presenti super-classici degli Yes, brani di ABWH, e un medley estratto dal repertorio solista di Wakeman. Quindi, valutare questo lavoro è estremamente complesso. Noi ci proveremo.

Le cose del disco che non convincono pienamente sono:

  1. il bassista Jeff Berlin, un gigante dello strumento, non c'è nulla da obiettare a riguardo, ineccepibili le sue esecuzioni in ogni canzone, ma l'eccessivo accademismo può rappresentare un'arma a doppio taglio. Va ricordato che il bassista in tournée con ABWH era un altro fenomenale bassista di nome Tony Levin, con cui la band aveva inciso anche l'album omonimo. Purtroppo la sera in cui è stato registrato il disco non stava bene ed è stato così sostituito in maniera frettolosa.
  2. la batteria elettronica. Sanno tutti che il Bill Bruford dei primi Yes e il Bill Bruford dei ABWH sono due musicisti diversi. Il problema è che questo batterista è sempre stato incapace di rimanere uguale a se stesso. Aveva lasciato gli Yes forse per questo motivo. Nei King Crimson e con gli UK aveva avuto modo di raffinare la sua arte di poliritmia complessa affidandosi e affondandosi in strumentazioni percussive elettroniche sempre più macchinose e imponenti. Forse, per questa reunion era il caso di ritornare a suoni un po' più tradizionali. Ma è un parere personale.

Le cose che invece vanno alla grande sono:

  1. la qualità di registrazione. Eccellente.
  2. la qualità dei musicisti. A parte l'accademismo di Berlin e il suono a tratti freddo della sezione ritmica elettronica di Bruford, elementi entrambi menzionati sopra, qui ci troviamo di fronte a dei mostri sacri del rock. Insomma, questi sono i musicisti che hanno reso grande la storia di una delle migliori band di sempre. In pratica, all'appello manca solo Chris Square e si sarebbero ricostituiti gli Yes, con la loro formazione migliore di sempre.

Detto questo, vediamo nel dettaglio le tracce di questo live-album.

Dopo la pomposa introduzione orchestrale di Benjamin Brittens Young Persons, si offre il medley acustico di Time and a word - Owner of a lonely heart - Teakboy. Ed è subito chiara una cosa: Jon Anderson è ancora uno dei cantanti migliori sulla scena, uno dei pochi le cui capacità vocali ed espressive sono rimaste inalterate nel corso degli anni. Howe lo accompagna nei cambi ritmici, Wakeman riempie con i suoi tappeti sonori. Splendido il reprise di Time and a word.

The Clap - Mood for a Day, nulla aggiungono alle versioni originali, servono solo a ricordarci la bravura di Steve Howe.

Segue il trittico Gone But Not Forgotten - Catherin Parr - Merlin The Magician affidato unicamente alle mani di Wakeman: il grande tastierista si lascia andare a virtuosismi vertiginosi e scale che spaziano tra i suoni più acuti prima di precipitare negli abissi sonori dei suoi sintetizzatori.

Quarta traccia è Long Distance Runaround, introdotta da uno virtuosismo di Wakeman. Perfettamente eseguita. Da segnalare l'assolo di Bruford che occupa la seconda parte del brano.

Birthright è un brano di ABWH, in pieno stile dell'album: molto melodico nella prima parte, ricco di cambi ritmici nella seconda, pomposo nella terza.

Finalmente, i due capolavori dell'album Close To The Edge. And You And I è straordinaria. Da sempre uno dei vertici massimi raggiunti dalla loro produzione e qui riproposta in modo incontestabile. Non serve dire altro.

Close To The Edge è un'altra canzone fantastica che non necessita di troppe presentazioni. Eseguita interamente, si snoda dei suoi venti minuti senza il minimo scoglio. Tutto straordinario.

Anche Themes, ancora da ABWH, viene proposta integralmente, nelle sue tre parti trascinate dalle onnipresenti tastiere di Wakeman, decisamente affioranti. Nel complesso, comunque, non è un brano troppo degno di nota.

Molto meglio invece Brother Of Mine, il quale, nonostante faccia affidamento a melodie molto orecchiabili, sembra sprigionare una vivacità degna dei tradizionali Yes. Anderson al meglio, sembra che non abbia bisogno nemmeno di respirare.

Segue Heart Of The Sunrise, il brano che, a parere del sottoscritto, è una delle canzoni più belle mai composte. E la riproposizione in questo album, non sfigura dall'originale. Il finale del brano è pari ad un'esplosione di energia che solo un gruppo come questo è capace di creare. La voce di Anderson che ascende senza arresto sulle rullate di Bruford e gli accordi sinfonici di Wakeman è semplicemente da brivido.

Prima del gran finale viene proposta The Order Of The Universe, molto orecchiabile, troppo forse, è un brano che non ho mai apprezzato particolarmente, e la batteria elettronica è a tratti quasi fastidiosa.

Come anticipato, si ritorna ad alti livelli con il super-classico Roundabout, ancora una volta perfettamente eseguito.

Davvero un buon disco insomma, che esprime il meglio quando ripropone i grandi brani degli Yes, certamente una delle band più grandi e influenti sulla scena del progressive-rock.

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