Semplice, diretto e permeato da una perenne atmosfera triste e malinconica il giallo/noir italiano "La ragazza del lago", opera prima del regista Andrea Molaioli, ha appagato la mia serata domenicale figlia di una serie infinita di "pacchi" tirati dai miei amici, evidentemente poco vogliosi di uscire dalle loro tiepide tane.

Ambientata nel Friuli questa pellicola, tratta dal romanzo della scrittrice norvegese Karim Fossum (Lo sguardo di uno sconosciuto), ha una trama che richiama in maniera palese "I segreti di Twin Peaks" di Lynch. Una giovane e bellissima ragazza viene trovata morta, supina, sulla riva di un lago. L'omicidio avviene, come per Twin Peaks, in un paese tranquillo e sperduto (nella fattispecie ci troviamo in una comunità pacifica e riservata del Nord Est), dove apparentemente non esistono segreti. Un triste, freddo e scorbutico commissario napoletano, trasferitosi ad Udine per motivi familiari, comincia le indagini in paese...
Tutto ovviamente ruota intorno all'emblematica figura del commissario (un intenso Toni Servillo) che con una flemma totale, comincia a scavare sotto la patina di routine e normalità che ricopre un paese estremamente chiuso e diffidente che si intuisce è stata colpito dal tremendo terremoto del 1976. Per rendere al meglio la malinconia della popolazione il regista si avvale della fotografia (bellissima la scena del ritrovamento del lago), dei cupi paesaggi montanari, dell'uso di colori stinti (grigio e verde padroneggiano), dialoghi essenziali, comunque coinvolgenti.

La ricerca dell'assassino e del movente, apparentemente inspiegabile, si incastra con la descrizione della vita famigliare del commissario. Sanzio (questo è il suo nome) è una persona introversa che non riesce (o non vuole) ad esprimere il perpetuo dolore che lo opprime: la moglie malata sta progressivamente perdendo la memoria e la figlia adolescente non riesce ad accettare la situazione. La pellicola come una partita di tennis passa dall'indagine al dramma familiare: unico collante, il commissario. Con lentezza tutti i segreti dei personaggi maggiori (un padre disabile ed il suo figlio ritardato, una coppia divorziata a causa della morte del loro figlio, il fidanzato della vittima ecc..) vengono svelati e si giunge alla naturale conclusione.

Si tratta di un noir semplice (come la recensione), volutamente scevro di colpi di scena o di momenti ad alta tensione. Ciononostante scorre e piace per la sua semplicità e per come è stato ben confezionato. L'accentuata personalità dei personaggi è senza dubbio alcuno il valore aggiunto della pellicola ed oltre alla superba prestazione di Servillo, che si immedesima perfettamente nella difficile parte, anche Antoniutti (il padre disabile) e la Golino (la madre di un bambino con handicap morto per un tragico evento) ci regalano prove di grande intensità.

Un buon film italiano. 

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