"KISS MY ASS!", colorita espressione che schiaffate sul muso a qualcuno che vi sta molto antipatico (e magari non parla italiano). La dj e produttrice inglese Andrea Parker fa una variazione sul tema e nel 1999 se ne esce con un "Kiss My Arp", che è un grazioso gioco di parole sui sintetizzatori ARP usatissimi negli anni '70.

Non si tratta solo di un pun, tuttavia, vista la predilezione della Parker per il suono classico dei synth analogici ampiamente riproposto in questo album: uno strano miscuglio di elettronica dai toni scuri, downtempo con una ritmica a volte molto marcata e pesante, qualche spunto chill out.

Dodici le tracce in totale: otto brani cantati e quattro strumentali; tra questi ultimi il migliore è "Melodious Thunk" (altro pun, ispirato al grande jazzista americano), un pezzo molto kraftwerkiano - a dispetto del titolo - che ha guadagnato alla Parker una buona popolarità. I brani cantati (da Andrea stessa, con limpida voce e timbro cristallino) non sono pop songs vere e proprie: la voce è usata piuttosto come sonorità aggiuntiva che si accompagna a quelle elettroniche; senza monopolizzare il brano, sempre con molta discrezione.

Nel contesto elettronico di quest'album, trovano posto anche timbri inconsueti come gli archi (in due tracce, "Ballbreaker" e "Return of the Rocking Chair") e il violoncello, strumento praticato in gioventù dalla Parker (in "Clutching at Straws"). Insomma, è la veste sonora complessiva che fa di questo lavoro un disco interessante e particolare, un ascolto appropriato per quando fuori piove e tira vento: l'ideale per rannicchiarsi tra sonorità introspettive che riscalderanno l'ambiente per voi.

Cartoline da un altro pianeta, come canta Andrea in "Some Other Level", in attesa di essere trovate.
 

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