Come faccio a scrivere razionale sulla causa di ore passate a smadonnare e buttare sangue sulla chitarra inseguendo quella specie di forsennato finger strumming tipo flamenco. Impossibile. Posso giusto tentare un modesto tributo battuto con dita mangiate e bruciate e credo di essermi giocato parecchi tendini.
Oltre a torturare se stesso mentre tortura le corde, Sean Bonnette offende, urla, si sgola, tossisce, abbaia e nel tempo libero skatea - pure con la maglietta di Morrissey a volte, che non è mai un dettaglio irrilevante - e gli Andrew Jackson Jihad, che qui al primo LP - sono passati quasi dieci anni, già - erano un trio scheletrico chitarra-contrabbasso-batteria, suonavano e ancora suonano folk punk. Ma non folk punk nel senso italiano da sagra e guerriglia partigiana che lasciamo stare; nel senso che suonano acustici ma con attitudine punk del punk più marcio - tipo alcuni episodi dei Violent Femmes, per capirci - anche se più che di nichilismo anarcoide e impegnato parliamo di esistenzialismo dritto in faccia, senza la pomposità, la classe e l'ostentata cultura di Morrissey; piuttosto, quello di Bonnette è il pessimismo esistenziale di un profeta predicatore di strada dedito al turpiloquio misantropo con punte di blasfemia, al delirio e al delirio d'odio più o meno gratuito. Di timbro acuto e gradevole ma sempre nervoso e spesso al limite dello stridulo, di cultura rozza e postmoderna, ma brillantissimo e a volte evidentemente geniale.
Così God Made dice, tra le altre cose: heaven is a special place in hell where you can watch the people you hate get hurt, cioè più o meno che il paradiso è un posto speciale all'inferno da cui puoi vedere sofferenze inflitte a chi odii. Tanto basterebbe. Ma I Love You è una canzone d'amore neanche per il cazzo, perché in nessuna canzone d'amore si parla di ridere dei ritardati, lanciare sassi ai cani (per ferirli) e in nessuna canzone d'amore compaiono la sifilide, la gonorrea e la crystal meth; chi dice io d'altronde non è Sean Bonnette, ma uno dei tanti convinti che si possa nascondere qualsiasi bassezza dietro un dito d'amore e buoni sentimenti; qualcosa che mi fa venire in mente la sensibilità di Giusva Fioravanti secondo Francesca Mambro. D'altronde nel quadro di Bonnette ogni persona è lurida fuori e dentro e se la macchina di Woody Guthrie uccideva fascisti, la sua lancia bombe a caso sulla folla: da Scenesters escono male i personaggi delle varie scene, le onnipresenti macchiette delle varie faune, dei generi e sottogeneri, che sono ovunque e si vestono come le cose che ascoltano da prima di te, e sono true. Lady Killer è un esercizio di orecchiabile estemporanea misoginia. Cigarettes dice che fumare ti uccide ma ti rende anche figo, però solo se fumi Parliament e non ho mai capito perché; in Most Aborted Father la sigaretta è un uomo che soffoca a morte, ha la testa in fiamme e qualcuno gli sta succhiando via la nicotina. Fuck White People è un hardcore di vecchia scuola suonato acustico, contiene odio per i bianchi frignoni che chiamano la polizia e nella Phoenix degli Andrew Jackson Jihad, ieri, succedeva questo. Be Afraid Of Jesus tratta di tagliare in sogno un pezzo al Bambin Gesù, ma il pezzo che hai tagliato continua a sanguinare mentre tu sei condannato a inferno e sofferenza eterna, e Bonnette ti urla contro che devi temere Gesù. Daddy didn't Love Me è un'iperbole sul rapporto conflittuale con le figure paterne, uno dei temi più cari, più frequentati da Bonnette, e aggiunge la pedofilia al marciume. You Don't Want to Fuck With Me, basta il titolo.
Con interpretazioni emotive, tesissime, in trance di rabbia, Sean Bonnette riesce a dissacrare, a essere peggio che politicamente scorretto senza mai scadere nel demenziale o nell'infantile, e al primo disco la sua poetica era già perfettamente tracciata, pur mancando, qui, i topòi che la connoteranno definitivamente - vedi People e People II.
Gli Andrew Jackson Jihad hanno pubblicato il disco migliore di quest'anno (duemilaquattordici)(cioè il migliore di quelli che ho ascoltato io), ma mi sembrava giusto inziare da qui.
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