Ciao ragazzi, oggi mi prendo una pausa dall'Italia del cinema per vedere per e con voi se, Oltreoceano, esiste un cinema minore suscettibile di essere raccontato su queste pagine.
La scelta è caduta, quasi automaticamente, su "Tutta colpa dell'amore - Sweet Home Alabama", film del 2002 che lancia l'astro nascente di Hollywood Reese Witherspoon prima dell'Oscar per il biopic su Johhny Cash ('05), sfruttando una bella serie di cliché e luoghi comuni che cementano il cinema di genere, questa volta di carattere sentimentale, con qualche incunabolo di carattere classico, affrontando il trito tema del ritorno (nostòs) ai luoghi natii.
Premetto che la Witherspoon mi è simpatica e che la inviterei volentieri a cena in qualche autogrill (con menù offerto da Il_Paolo: camogli + spremuta + macchiatone), ma che come attrice mi convince poco, soprattutto in film come questi: troppi gesti da gattina, troppo sopra le righe la sua recitazione (peraltro antipatica la voce in versione doppiata), troppe mossettine espressive, poco appeal complessivo. La trovo un po' la Meg Ryan degli anni 2000 e oltre, augurandole tuttavia di non finire: a) a gonfiarsi le labbra; b) a recitare in un thriller di Jane Champion; c) a diventare una ninfomane post-quaranta.
Ciò premesso, vediamo la trama del film: giovane stilista in ascesa (tipo la figlia del tastierista dei Pooh) decide di sposarsi con un membro dell'aristocrazia wasp della Grande Mela (con mamma Medea - nastratrice), ma per farlo deve convincere il suo ex marito a divorziare consensualmente (tipici stratagemmi di common law), recandosi, allo scopo, al paesello natio, nel cuore del simpatico stato sudista dell'Alabama (pron.: "E' laBema"). Per la ragazza sarà l'occasione per ritrovare il suo passato, i suoi semplici familiari, e per scontrarsi con una cultura rurale che aveva abbandonato senza troppi rimpianti, per unirsi alla fighetteria newyorkese ed alle usanze dei cittadini: dapprima schifata, poi di nuovo a contatto con le sue origini, troverà anche il modo di riconsiderare il suo quasi ex marito, forse non proprio il perdigiorno che lei credeva di aver abbandonato. Finale prevedibile, ma anche commovente per i cuori più teneri.
Successo considerevole negli States, flop in Italia come quasi tutti i film della Witherspoon (chissà perché), il film mescola tutta una serie di luoghi comuni, fondando l'intera narrazione sulle scissioni fra: città -campagna; ricchezza-povertà; cultura-incultura contadina; famiglia radical chic-famiglia tradizionale; musica tecno house trip hop-country rock+Lynyrd Skynyrd; Bloodhound-barboncino; spider-pick up ed altri arenicoli varii, il tutto shakerato con un po' d'amore e qualche buon sentimento di accatto, con riscatto finale per il sud verso il nord. Si noti come venga invece sottaciuto qualche altro luogo comune sull'Alabama, tipo il KKK e quanto ne consegue, zuccherando un po' la realtà, come si deve necessariamente fare per questi film votati ad accalappiare il pubblico più vasto senza urtare chicchessia.
Mi chiedo che sarebbe successo se la stessa cosa l'avessimo fatta in Italia, valorizzando in chiave femminile il personaggio del terrunciello di Abatantuono, che torna al sud mascherando il proprio accento con inflessioni nordiche... cosa che ho visto fare con una certa tristezza in alcune occasioni. Anche qui si potrebbe insistere sulle solite divisioni trite e ritrite (burro/olio; parmigiano/pecorino; maglietta/canottiera; Nek/Gigi D'Alessio; Lilli Gruber/Carmen La sorella +leghismi assortiti), per finire in un corale vogliamoci bene e così sia.
Bah, il tutto mi sembra posticcio anche perché, a mio parere, non c'è nulla di peggio che tornare nei luoghi che ci hanno visto crescere ed andare via, oppure - peggio ancora - nei luoghi che ci hanno visti felici: cambiamo noi, cambiano gli altri, non cambia nulla e questo magari ci fa arrabbiare, forse è meglio ripartire come fece tale Ulisse navigando verso le colonne d'Ercole.
Così in effetti pensano gli europei, che appunto sviluppando la rotta di Ulisse hanno scoperto l'America ed indi gli States (non ancora tali ovviamente), mentre diversamente la pensano gli statunitensi stessi, che dopo tanto andare in giro se ne tornano a casa e ci restano felici: salvo poi venire a Venezia, e tornare a casa con una gondola di plastica.
Voto bassino, meglio il cinema minore italiano, fidatevi di un esperto.
Plasticamente Vostro
Il_Paolo
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