Io sono quello-che-gli-piacciono le voci sussurrose, e la musica lenta e intensa.

Lei è quella che sussurra. La sua è una musica intensa e lenta.
Quando la semplicità sfiora la telepatia: la melodia del piano e/è quella della sua voce, che è strabica, in a way (per questo più bella).
Dolce, di una dolcezza composta e preziosa, dal sapore antico.
Appare poco altro: un violoncello, una diamonica, uno xilofono.
Le note si susseguono calme, ma con un'intima tensione, come i sorrisi di una ragazza che non riesci a inquadrare.
Mi trovo, catatonico, a cercarla di continuo, un giorno la amo, l'altro di più, quello dopo: no. (Lunatico, io).
Lunatica e lunare, lei (sa essere meravigliosamente dissonante il suo archetto), e catatonica, lei, spettrale, in a way.
Proprio come un certo Matt Elliott, che non è più solo col suo lugubre "post-folk" (perché folk lo è, ma di sicuro anche elegantemente post-qualcosa, come lei... Post-spirito e post-intelletto? Una sciccheria post-metropolitana, forse? Mah).
Perché non-è-adesso che posso sapere cosa ne penso, di questo angelo atipico; che illumina all'improvviso, e ha bisogno di tempo.
Ma di certo dormirò alla grande, e più sereno, stanotte, per almeno tre motivi.
(We'll Dance, These Streets e Cold Night...  ma forse anche altri).

...Ah, dimenticavo, Annelies Monseré è (non ci credevo nemmeno io) belga.

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