Decisamente apocalittico e massiccio, questo "Redemption Process", la quarta fatica dei francesoni AN che tanto ci hanno trapanato i timpani con un imperterrito e tagliente muro di suono invalicabile dietro al quale si celava l'altra faccia della loro medaglia, una sottile e serpeggiante personalità dalla raffinata attitudine melodica.

Troveremo gli stessi Anoressici anche in quest'ultimo episodio? Sì e no. Effettivamente la loro musica si è rafforzata e contemporaneamente addolcita: le composizioni sono divenute ancora più potenti e distruttive, dall'incedere devastante, eppure ascoltando con attenzione non sentiamo più gli Anorexia di una volta, quelli idrofobi e rabbiosi di "New Obscurantis Order"; insomma, hanno cambiato registro, e non poco.

Tutto ciò lo si può notare direttamente dal brano di apertura "The Shining", che è una delle canzoni più apocalittiche che abbia mai sentito. Un'intro di cori, campane e violini-synth (sempre bravo ed impeccabile, Monsieur Neb Xort) che in un mozzafiato climax ascendente sfociano nel caos assoluto: la batteria sempre grintosa e martellante, anche se in questo album la trovo troppo "sfocata" e meno presente, la chitarra di Monsieur Bayle sempre assordante e l'acuto e raschiante scream di Hreidmarr.

È proprio tutto a posto, eppure qualcosa è cambiato. Tutto ha assunto una nota molto più malinconica ed autunnale, l'atmosfera che si respira non è più quella diabolica ed infernale di "Drudenhaus" o "New Obscurantis Order"; il sound assume un pathos incredibile, la scena si fa più teatrale e drammatica, quasi tragicamente eroica. Certo, la violenza è sempre presente ma ormai è solo un'ombra fugace che permea lo spirito quasi gotico di "Redemption Process", un titolo che fa ben pensare ai contenuti e al perchè di un cambiamento così curioso. Leggere i testi per averne la prova: veramente tristi e pregni della consapevolezza suprema del giudizio finale e della redenzione disperata al sopraggiungere dell'Apocalisse.

E non si può che confermare tale teoria con "Antinferno", altro highlight del disco caratterizzato da un main riff maestoso e convincente che si stampa subito in mente e da un ritornello che mi fa venire i brividi ogni volta che lo sento; il merito va tutto a Neb Xort che si è dimostrato all'altezza di tessere vertiginose ed accattivanti spirali melodiche con trombe, violini, cori e chi più ne ha più ne metta. Da notare la parte centrale del brano in cui Hreidmarr si cimenta in un azzardato cantato in clean in latino che conferisce un'aria tanto dolcemente disperata quanto decisa e tonante. Applausi per un brano del genere e per i testi estremamente pittoreschi e sempre più tragici, un connubio di rabbia e rassegnazione ad un destino nelle mani di Dio.

L'album si alza ancor più di livello con l'indimenticabile "Sister September", terzo capolavoro di fila che ci viene sbattuto in faccia e qui ho esaurito i complimenti e le descrizioni per un brano così ammaliante, malinconicamente sensuale e sempre cesellato da una furia sbiadita ed adombrata. Peccato che le cose belle siano destinate a finire, difatti il successivo brano "Worship Manifesto" è completamente anonimo e poco ispirato sotto ogni punto di vista, il classico filler che appesantisce l'ascolto, e anche se altre canzoni come "An Amen" e "The Sacrament" (quest'ultima caratterizzata da un testo assolutamente cristiano) si mantengono su livelli accettabili grazie all'inserimento di reali cori sussultanti, la vera chicca la troviamo in "Codex-Veritas": variopinta e solenne dall'inizio, dove zampillano trombe autoritarie che sembrano suonate veramente dagli angeli dell'apocalisse, alla parte centrale, dove tutta la maestosità viene condensata in un intermezzo orchestrale quasi strappalacrime, alla fine, in cui viene ripreso il refrain e "Codex-Veritas" si solleva un'ultima volta per poi terminare nel silenzio.

Insomma, questo "Redemption Process" è un cd ottimamente riuscito che mi ha fatto sognare ancor di più rispetto al precedente "New Obscurantis Order", nonostante gli abbia assegnato un voto più alto. Peccato per quei pochi cali di tono, ma non voglio regalare 5 stelle senza motivo, per cui 4 stelle piene vanno più che bene per un album che si è mostrato apocalittico sotto ogni singolo aspetto, a partire dalla meravigliosa copertina.

P.S. Perdonate le fastidiose ripetizioni di "apocalittico", ma altri termini migliori per definire atmosfere del genere non ne ho proprio trovati. Saluti apocalittici.

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