È già capitato, su questi lidi, di nominare gli Another Sunny Day, ma nessuno si era ancora fatto avanti per piazzare una recensione.
È un peccato che sia io a farmi carico di questo ingrato compito perché notoriamente non so scrivere. E torno dopo anni di inattività apposta perché non sopporto l'idea che nessuno si caghi questo album.

Lo scenario è l'Inghilterra degli anni '90, dapprima in Cornovaglia, poi trasferitisi a Londra, molto probabilmente per un weekend mi vien da pensare, e chissà che poi Harvey Williams non sia tornato a Penzance come intende di voler fare in "I Don't Suppose I'll Get A Second Chance"; anche se forse era solo per la rima, chissà.
L'etichetta che li fa uscire è la Sarah Records, avete presente no? Il Faro nella notte per tutti gli appassionati di indie pop, eddai, ve li ricordate i Field Mice? I Brighter o gli Orchids? Non gli Orchid eh, quelli erano emotivi-cattivi, occhio al plurale. Ma comunque almeno i Field Mice e il loro Snowball che è con poche ombre di dubbio la stella più luminosa del genere tutto. Vabbè al massimo ve lo andate a recuperare adesso.

Gli Another Sunny Day non hanno avuto la stessa fortuna in termini di successo e risonanza. London Weekend è il loro unico full-length, ma da sempre in ombra e malcagato da più o meno tutti ingiustamente. Magari trovate qualcuno che conosce il singolo "You Should All Be Murdered", e infatti anche a guardare su YouTube, per dire, quella canzone ha qualcosa come 300.000 e passa visualizzazioni, dove altre se ne hanno 200 è tanto. Probabilmente attirati dal titolo e dalla palese influenza Smiths-iana, che però permea tutto il disco, al punto che c'è chi li liquida come loro epigoni e poco più.
Il fatto è che altro che epigoni, sono tipo i figli degli Smiths che Morrissey non ha mai voluto riconoscere, e questo perché nel suo egocentrismo non poteva certo accettare che il rampollo superasse il proprio vecchio.
Lo ammetto, sto esagerando, e so che The Queen Is Dead di qua e Meat Is Murder (in misura vagamente minore) di là, ma non esagero neanche più di tanto.

Ci sono le melodie dolci, le chitarre twee che ci piacciono tanto, la voce che probabilmente piacerà a chi invece fa fatica proprio col timbro nasale dell'Original Deal Morrissey di cui sopra, canzoni che raramente si trascinano troppo a lungo e a parte in pochi casi si consumano in un paio di minuti, tutto è al posto giusto, i testi dal retrogusto disilluso e post-adolescenziale con l'amore come leitmotiv attraverso praticamente ogni canzone dell'album, amore silenzioso ("I'm In Love With A Girl Who Doesn't Know I Exist"), amore ingiusto ("Green"), amore perduto ("I Don't Suppose I'll Get A Second Chance"), e persino la speranza, dentro la delusione, di trovarlo ("New Year's Honours"). Testi semplici e quasi definibili banali ma ficcanti, del genere in cui ognuno può rispecchiarsi almeno in parte.
Un album a conti fatti per i loveless di tutto il mondo, e infatti guardacaso coincidenza vuole sia uscito più o meno un anno dopo il manifesto dei My Bloody Valentine, doveva esserci qualcosa nell'aria da quelle parti in quegli anni.

Bon, non ho già più niente da dire, ma volevo riportare alla luce questa perla ingiustamente ignorata dai più, e se ho incuriosito anche solo un paio di persone è già qualcosa. Ci vediamo al prossimo appuntamento, se e quando ci sarà.
Dal vostro più devoto e timorato di Dio Gallus gallus domesticus è tutto, per ora.

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