La vita è un viaggio, chi viaggia vive due volte (Omar Khayyam)

Alcuni suoni si perdono nella notte dei tempi assumendo nella mente i contorni tenui e sfumati di un miraggio all'orizzonte. Il suono dell'oud, che ha attraversato millenni, terre, popoli, culture, è uno di questi. La sua storia è un delicatissimo tratto della cultura araba che ha viaggiato dall'Iraq all'Asia centrale e al Marocco, per navigare in seguito nel Meditterraneo e oltrepassare prima la Spagna poi la Francia e dunque l'Italia, dove, trasformatosi in liuto, avrebbe accompagnato la nascita dei canti rinascimentali. Nelle sue corde vibra dunque una storia di percorsi, incontri e mescolanze di conoscenze differenti, capaci di generare nuova cultura.

Questo splendido miraggio per nostra fortuna non appartiene solo al passato, perché ancora oggi sono numerosi i musicisti in grado di regalare nuova vita a questo strumento. Il tunisino Anouar Brahem, insieme al libanese Rabih Abou-Khalil, è senza dubbio uno dei suoi più importanti interpreti, perché è riuscito a fondere la ritmica dolcezza del liuto arabo con altre sonorità di stampo occidentale, partendo dalla tradizione per sfiorare talvolta il campo dell'improvvisazione e regalando ogni volta spurie, raffinate e affascinanti sensazioni che trasmigrano nell'animo come un sogno che oscilla da occidente ad oriente, lasciando in bocca il sapore dolceamaro di un passato lontano e nel cuore la misteriosa dissolvenza di un desiderio.

Non smentendo questo percorso oggi Brahem dà alle stampe per la prestigiosa Ecm records un'altra prova del suo talento, espresso all'interno di un originale ensemble che, oltre il musicista tunisino, vede la presenza di François Couturier al pianoforte e Jean-Luis Matinier alla fisarmonica. Si tratta della stessa formazione del lavoro precedente di Brahem “Le Pas Du Chat Noir” (Ecm 2002), un incontro musicale apparentemente anomalo che oggi ci dona uno splendido disco, forse uno dei più belli, magici e profondi del musicista tunisino che riesce a fondere armonicamente atmosfere e influenze diverse con coerenza e apparente semplicità. Innumerevoli sensazioni vengono regalate dall'ascolto, ondeggianti tra la percezione di una delicatezza a volte ipnotica, onirica o ammaliante e l'etereo respiro di una sorta di dolce malinconia con isolate venature di dolore. E il tutto accade con estrema naturalezza attraverso lievi e impercettibili capovolgimenti regalati dal gioco degli strumenti musicali: quando suona l'oud si immagina l'assenza di confini del deserto, quando tocca al pianoforte viene in mente Eric Satie o anche Philip Glass, mentre la fisarmonica ha un suggestivo profumo europeo spesso solo accennato che ora rimane sullo sfondo, ora si disperde nell'insieme. Quando gli strumenti si fondono pare che siano nati per suonare insieme. Quando con semplicità si scambiano vicendevolmente il compito di sviluppare ora il ritmo ora la melodia, i passaggi tra loro sono naturalissimi, anche se rimane costante la percezione che l'oud sia il trait d'union di questa splendida musica.

Ma forse tutte queste sono solo illusioni, altri impalpabili miraggi o itinerari mentali perché questa musica è in realtà un non luogo. Come un acquarello di Hugo Pratt è così un affascinante viaggio immaginario che riesce a ipnotizzare dolcemente l'ascoltatore lungo tutto questo percorso musicale, così tenue, raffinato e intimo che può conquistare chiunque.

Elenco tracce e video

01   Sur le fleuve (06:33)

02   Le voyage de sahar (06:55)

03   L'aube (05:48)

04   Vague / E la nave va (06:19)

05   Le jardins de ziryab (04:34)

06   Nuba (03:12)

07   La chambre (05:01)

08   Córdoba (05:30)

09   Halfaouine (02:06)

10   La chambre, var. (03:47)

11   Zarabanda (04:26)

12   Été andalous (07:05)

13   Vague, var. (02:18)

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