"ambizioni zero, morale nessuna neppure quella dei soldi perchè non è nemmeno una puttana... per lei ieri e domani non esistono, non vive neanche giorno per giorno perchè già  questo la costringerebbe a programmi troppo complicati perciò vive minuto per minuto, prendere il sole, sentire i dischi e ballare sono le sue uniche attività per il resto è volubile, incostante ha sempre bisogno di incontri nuovi e brevi non importa con chi... con se stessa mai..."

In questo film del '65 si narra la storia di Adriana, una ragazza interpretata da una magnifica Stefania Sandrelli, nel ruolo della ragazza di provincia svampita, un pò stupida, che cerca di sfondare nel dorato mondo dello spettacolo romano. La voglia di sfondare di Adriana non è arrivismo o ambizione senza scrupoli ma è più la fuga da una realtà terribile, una famiglia poverissima con un fratello menomato e una sorella morta; scappando Adriana incontrerà personaggi e parassiti del sottobosco dei vip e si scontrerà con l'uso che gli uomini fanno di lei: un tranquillo passatempo o diversivo.

Se la superficialità e la fatuità di Adriana possono risultare irritanti da un lato, dall'altro ci fa simpatia, intenerisce in quanto è la sua espressione della sua gioia di vivere e di correre verso la vita, il suo stato d'animo non è così per vacuità ma per cercare di prendere le cose con leggerezza, facendosele scivolare addosso così come succede con i personaggi di Manfredi, Tognazzi (stupendo nella parte di un attoruncolo ormai al tramonto che per far un film balla fino allo sfinimento) e Enrico Maria Salerno impegnati nei loro meschini giri: Adriana sembra volare sopra tutto ciò e, andare anche alla ricerca di un uomo che la possa amare davvero, finendo per buttarsi in mille storie.

Questa nonchalance nel percorrere la sua vita cadenzata da canzonette, bagni di sole, eventi pseudomondani e amori da quattro soldi a un certo punto esploderà: magnifica è la scena in cui dopo essersi trastullata nella noia e nel gioco nel suo appartamento con in sottofondo Gilbert Becaud un'altra canzone di Mina riporterà alla memoria dei dolori passati così da fare sciogliere il trucco pesante in un pianto. Adriana cercherà ancora di evitare tutto ciò ma improvvisamente butterà la maschera, rivelando tutte le sue fragilità e mandando in pezzi i suoi sogni.

Pietrangeli nel costruire questo ritratto femminile non segue la linearità ma la linea dei pensieri, dei ricordi e delle associazioni: un oggetto ci porta a un'altra situazione, una canzone di fa ricordare una persona amata, un nome ci riporta a una festa di paese da bambini e ci porta a una riflessione sui cambiamenti indotti dal boom economico, che stritola le persone. Il tutto viene fatto in modo più che antidrammatico direi stridente attraverso l'associazione di canzoni tipiche del periodo che più che banalizzare riescono a far emergere l'amarezza della protagonista, che attraverso l'interpretazione della Sandrelli riesce a far emergere le note di complessità e tristezza di Adriana senza affondarla in un cumulo di banalità.

 

Carico i commenti...  con calma