Chitarre distorte, dilatate. Come se qualcuno si fosse messo a suonare grunge negli anni Settanta.
Anche il tempo è distorto, infatti. Dilatato appunto.
Otto brani. Belli. Piacevoli. Che si fanno amare.
Una voce alla Vedder. Riff belli e duri. Linee melodiche dolci, leggere.
Un pò Madrugada. Un pò cowboy psichedelico.
Quando ti sdrai nella veranda coi primi caldi. Stoner. La notte però. O quando giunge sera. Grateful Dead.
Meno riflessivo di Rites of Uncouvering. L'altro disco. Che già ci aveva incuriosito.
Più immediato. Più d'impatto.
E alla fine una perla ancor più perla: "Tomorrow Is A Long Time" di Bob Dylan, tirata, strascicata, mai così bella.
Quelli che si chiamano, amano farsi chiamare detrattori, lo taceranno di già sentito.
Ma noi siamo più contro di loro.
Se il rock è quello è quello. Se il rock è quello c'è un motivo.
Non aspettatevi ragazzini col ciuffo ingellato. Non aspettattevi i loro maglioncini. Le loro vocine stridule.
Questo è rock. Di quello che si faceva un tempo. Alla faccia vostra e di chi vuole il nuovo a tutti i costi. Perchè non sa vivere il presente. Perchè odia il passato, chissà perchè.
La data mettetela voi. Nessun riferimento temporale per noi di Altroquando.
Fatelo vostro immediatamente.

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