La seriosità delle lunghe barbe nere che adornano il fiero mento degli Arbouretum pare metterci in guardia sulla gravità dell'operazione: doom folk l'hanno chiamato. Bisognerebbe chiedere a Dave Heumann, il personaggio che è dietro alla facciata del gruppo, cosa ne pensa di questa definizione.           

  E se facessimo parlare la musica? Dave conclude questo disco riscrivendo  nel suo mood malinconico  la dylaniana  "Tomorrow is a Long Time" guarnendola con  bordate soniche di chitarra attaccata con un cablaggio rinforzato all'amplificazione.  Il suo concetto di folk  parte dalla melodia ma tutto si trasforma in una visione lisergica che lambisce la soglia del rumore. L'amara dolcezza di "Down Fall the Line" richiama alla mente spettri di gruppi folk seventies britannici. Caracollano strafatti lungo l'argine di un gelido fiume  della terra d'Albione e  si perdono nella nebbia in bianco e nero attraversando la voce riverberata di Dave...in un attimo  la magia dell'arpeggio si scioglie nella ferocia delle  chitarre distorte.

 Le stesse che fendono a metà l'opener "False Spring": sciabolate acide che fanno bene al cuore: folk elettrico, psichedelia.... Neil Young & Crazy Horse!?!  La conferma viene da "Another Hiding Place" e quel suo incedere di basso & batteria stile "Harvest", forse il momento più alto del disco (assieme all'arrembante"Thin Domination") con quel ritornello stile southern e le chitarre di Dave e di Steve Strohmeier come propellente rock della band di Baltimora. Addirittura a volte Dave ("The Midnight City") riporta alla mente le tonalità di Warren Zevon (Dio l'abbia in gloria) nel costruire una tensione palpabile che non trova sbocchi.

 Rispetto all'ottimo "Rites Of Uncovering", sembra che nel 2009 Heumann stavolta abbia capito di avere a che fare con un gruppo rock e un po' meno con i suoi fantasmi personali. "Song of the Pearl" vi apparirà quindi più diretto e forse per questo  potrà piacere di più o di meno.  Ad esempio i riffoni di "Infinite Corridors" sconfinano fin nei cieli solcati dallo Zeppelin, magari ti aspetti la stridula voce di Robert Plant librarsi sul dirigibile ma poi è sempre il timbro folk di Dave che riporta tutto alla madre terra.

  Non per niente si chiamano Arbouretum.

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