Un nome come quello degli Area non ha bisogno di alcuna presentazione. Tra le formazioni storiche della musica italiana, i Nostri da un paio di anni sono di nuovo in giro, pronti a presentare al loro pubblico vecchi classici e nuove sperimentazioni. Il lungo Reunion Tour si è da poco concretizzato in un bel cofanetto celebrativo, "Live 2012", diviso idealmente in due parti ben distinte: nel primo cd i pezzi storici, nel secondo i vari inediti presentati sul palco, embrione di un nuovo progetto che verrà sviluppato forse in futuro. Quella che apparentemente sarebbe potuta sembrare una scelta discutibile, ovvero quella di presentare il proprio repertorio storico in chiave strumentale, si è invece rivelata assolutamente vincente, confermando la credibilità dell'attuale corso del gruppo.  "Live 2012" è stato anche l'occasione per fare quattro chiacchiere con Ares Tavolazzi, storico basso dell'ensemble: come vedrete si è parlato davvero di tutto, dai prossimi impegni concertistici degli Area alla crisi del mercato discografico, lasciandosi anche ad una piccola riflessione sulle ultime elezioni in Sicilia. Buona lettura. 
RR: Il ritorno degli Area avviene in un contesto piuttosto preciso: da una parte c'è stata una riscoperta di alcune delle sonorità degli anni Settanta, basta pensare anche al ritorno di alcuni nomi della scena progressive di quel periodo, dall'altra parte anche a livello socio-politico ci sono delle similitudini. Voi negli anni Settanta vi muovevate in un contesto abbastanza preciso, che era quello della Sinistra extraparlamentare, i festival di Lotta Continua, ecc..oggi quel contesto non esiste più. Oggi chi è l'ascoltatore degli Area? Se uno va ai concerti vede che da una parte ci sono i vecchi fan, quindi persone che già vi seguivano ai tempi, dall'altra parte però ci si è anche riusciti a rinnovare, c'è stato un ricambio generazionale, persone di venti-venticinque anni che ai tempi non c'erano ma che forse sono interessate ad un'esperienza così particolare come è stata quella del progetto Area.. AT: Si, diciamo che il pubblico è diviso in parti diverse: ci sono quelli che c'erano allora, poi c'è l'età media dei trentenni-venticinquenni che sono quelli che ne hanno sentito parlare e che ne hanno usufruito dopo e che sono anche curiosi di vedere che cos'è questa cosa e poi ci sono molti giovani, molti sedicenni-diciassettenni, musicisti, che sono naturalmente attirati dall'originalità della musica, dai segnali che quella musica ha mandato e che ora hanno modo di riascoltare attraverso internet. RR: Parlando della vostra musica in generale, voi avete bene o male sempre avuto un'impostazione abbastanza jazzistica, con grosso peso dato alle parti strumentali, però anche i testi avevano comunque il loro peso, basta pensare al modo in cui sono nati molti di essi e alle lunghe discussioni con Gianni Sassi. Con la morte di Demetrio c'è stata la scelta precisa di non prendere un nuovo cantante e i dischi successivi alla sua scomparsa, "Tic & Tac" (1980) e "Chernobyl 7991" (1997) sono praticamente strumentali. Dall'altra parte però non c'è il rischio, anche pensando ai concerti dal vivo, di risultare incompleti? Bene o male i testi avevano un peso ben specifico.. AT: No, non c'è questo rischio. Area era un gruppo che faceva musica, Demetrio era anche uno strumento del gruppo oltre che un cantante che in quel momento portava la parola attraverso i testi. Adesso i testi non ci sono più ma noi in questi trent'anni abbiamo continuato a fare i musicisti, quindi il messaggio che ognuno di noi ha mandato in questi ultimi trent'anni non è attraverso la parola, ma attraverso il gesto, attraverso la musica, attraverso il suono... RR: Passa con o senza le parole... AT: Passa qualcos'altro, anche perché un certo tipo di testo in questo momento non avrebbe... RR: Potrebbe risultare anacronistico?  AT: Si, non avrebbe senso.. RR: Beh, ma fino ad un certo punto. Penso a dischi come "Arbeit Macht Frei" o "Caution Radiation Area":  sono dischi ormai di trentacinque-quarantanni fa ma tutta una serie di tematiche che venivano affrontate continuano ad essere piuttosto attuali, penso a "Luglio, Agosto, Settembre (nero)" e alla situazione di Gaza di questi giorni.. AT: Certo, certo... RR: ...o la situazione del mondo del lavoro oggi...forse gli Area continuano a riscuotere successo tra i giovani proprio per il fatto che anche se si tratta di canzoni scritte quarant'anni fa non sembra che alcuni di quei dischi abbiano quarant'anni... AT: No, assolutamente.. RR: ...potrebbero essere usciti adesso o cinque-sei anni fa... AT: Assolutamente, ma questo è già stato detto, che senso avrebbe? RR: Perché ribadirlo, quindi?  AT: Io faccio il musicista...si, leggo libri, mi interesso a questi problemi, ma trasformo tutto attraverso il suono e non posso fare altro..non c'è più Gianni Sassi, non c'è più un certo modo di costruire brani perché non c'è più Demetrio, che è insostituibile oserei dire. Perché non abbiamo mai preso un altro cantante? Perché Demetrio rappresentava...non per quello che rappresentava, ma per quello che era, per il livello tecnico e l'originalità e l'unicità del suo modo di fare il cantante.. RR: Parlando delle varie reunion che ci sono state con gli anni, questa è gia la seconda. Ce ne era stata un'altra nel '93 e che era arrivata fino al 2000. Lei aveva preso parte alla reunion durante i primissimi anni, periodo '93-'94... AT: Si, è stato fatto un tentativo.. RR: Si, poi il gruppo andrò avanti solo con Capiozzo e Fariselli... AT: Si, per me personalmente non era il caso di continuare.. RR: Se si vedono vostri video dell'epoca, ad esempio ci sono vostri video alla Rai nel '94 o in concerto al Bloom di Mezzago, con ancora Lei in formazione, si nota che queste due reunion sono abbastanza differenti. In questa, forse anche grazie alla presenza nuovamente di Paolo Tofani, gran peso è nuovamente dato a sintetizzatori e computer, mentre invece nel '93-'94 c'era forse un attitudine più semplice, forse il suono era più spoglio.. AT: Certo, certamente...era più strumentale, più vicino allo strumento di ognuno di noi..la ricerca cambia, noi non inventiamo niente, noi siamo il prodotto di input che ci arrivano, per cui in quei giorni ero così, per cui sono passati vent'anni e io ho attraversato input diversi attraverso il jazz, l'improvvisazione e altre esperienze e quello che porto adesso anche nei brani Area di allora è comunque qualcos'altro. Il mio modo di suonare quella musica è diverso...non vorrei essere frainteso...questo gruppo non è un gruppo che fa revival. E' un gruppo che va su e fa un alcuni temi di quel periodo perché sono belli e originali e la gente li vuole sentire ma poi quello che succede all'interno è quello che noi siamo ora. Questa è la differenza tra questo gruppo e tutto... RR: E chi ancora suona gli stessi cavalli di battaglia di quarant'anni fa?  AT: Esattamente, nello stesso modo, un po' pateticamente secondo me. Io non mi sento patetico perché ho un bagaglio musicale che ho attraversato in questi anni variegato e approfondito, per cui non ho questo problema. Io faccio il musicista e continuo a fare musica, oltre ad Area io faccio anche altre cose, non potrei non fare altre cose. Per me Area è una delle cose che sto facendo... RR: Per quanto riguardava il vostro tour, è stato un tour lungo, anche con degli ospiti: ci sono stati Maria Pia De Vito, Mauro Pagani, Eugenio Finardi. Avete pensato di coinvolgerli anche in un progetto più grande, come scrivere dei pezzi nuovi insieme o per il momento ci si limiterà a delle comparsate, a mo' di vecchi amici che si ritrovano sul palco?  AT: No, direi che per ora non c'è questa intenzione. Finardi è stato un ospite, non c'è mai stato nessun tipo di progetto su di lui.. Maria Pia è sempre stata un'ospite e ci sembrava la persona più adatta a rappresentare alcune cose, alcuni testi di quel periodo.. per ora non abbiamo intenzione di.. ci piacerebbe avere ospiti, ma più che vocali, ospiti musicali, si pensava a musicisti dell'area europea o americana, ma ancora dobbiamo decidere.. RR: Parlando di progetti futuri, ho letto sul vostro comunicato stampa di una collaborazione con Legambiente per l'anno prossimo e di un viaggio in Giappone.. AT: Si..tu stai parlando di Bari (la partecipazione al Medimex di Bari in collaborazione con Legambiente, nda)? Si, abbiamo carta bianca.. in questo progetto inviteremo degli artisti che più ci sono vicini..Per il viaggio in Giappone: marzo/aprile, perché ci sono molte richieste, perché Area è un gruppo molto conosciuto in Giappone fino dagli anni Settanta. Il Giappone è sempre stato molto ricettivo su questo tipo di musica.. RR: Tra l'altro ci sono anche vostri gruppi di cover in Giappone.. AT: Si, ce ne sono di molto carini, c'è anche un giapponese da solo con la chitarra che va visto, che fa "Luglio, Agosto, Settembre (nero)"..infatti siamo molti felici, credo che avremo una buonissima accoglienza.. RR: L'ultimo disco fatto con la formazione storica degli Area, "Gli Dei se ne vanno (gli Arrabbiati restano)", nasceva come una riflessione un po' disincanta su Sessantotto. Se oggi gli Area dovessero scrivere una sorta di "Gli Dei se ne vanno, parte 2", una riflessione sui decenni successivi, cosa potrebbero dire? Bene o male gli anni Settanta erano anni in cui c'erano delle aspirazioni, c'era il trionfo delle ideologie che si sono poi schiantate con gli anni Ottanta e Novanta. Oggi però, come detto prima, si sta venendo a presentare una situazione che però presenta molti punti in comune con quegli anni, basta pensare alle varie tensioni sociali. Un gruppo sempre molto attento come quello degli Area potrebbe prendere spunto da ciò per riprendere in mano quel discorso.. pensando anche al viaggio in Giappone basta pensare a Fukushima l'anno scorso e a "Caution" che è un disco del '74.. AT: In questo momento il problema nella gente e anche nel passare i messaggi è che non c'è reazione.. RR: C'è una certa apatia.. AT: Siamo appiattiti.. RR: Peggio che negli anni Ottanta? AT: Assolutamente, assolutamente, perché negli anni Ottanta un atto poteva scatenare delle reazioni di un certo tipo...adesso un atto dura quello che dura e il giorno dopo è già stato assorbito dai media.. RR: Lascia il tempo che trova... AT: Certamente.. allora, se io dovessi pensare ad un lavoro ora la parola è "svegliatevi", "svegliamoci", "reagiamo".. ormai diamo tutto per perduto, per scontato.. RR: C'è molto fatalismo, "deve andare così".. AT: Si, ormai c'è questo.. ho visto ieri sera un documentario sulle elezioni in Sicilia, la gente dice "io non voto più perché cosa voto a fare?". Allora, già questo "cosa voto a fare?" è tragico, è drammatico, allora questo potrebbe essere qualcosa su cui lavorare ma poi andrà a finire anche questo nel calderone.. ci sono guerre dappertutto, lo sappiamo tutti, ma le guerre ci sono, aumentano, bisognerebbe parlare di questo, ma a che serve parlarne? La drammaticità di tutto questo momento è questo.. RR: "Chi me lo fa fare?"... AT: No, io lo faccio anche.. RR: "Lo faccio anche ma tanto so che.."... AT: E' questo, io me lo ritrovo addosso a me questo e lo trovo terribile.. su di me, lo trovo drammatico.. RR: Discorso un po' diverso. Partendo da quella che è stata la vostra esperienza con la Cramps, che sembrava più un'associazione culturale che un'etichetta discografica in senso stretto, e parlando anche con altri musicisti, oggi la major da molti è vista più come un impedimento che come che un'azienda che ti può dare un effettivo sostegno. Grosso peso è dato anche da nomi grossi all'autoproduzione. Voi come Area e Lei come musicista in generale come vi ponete nei confronti di ciò?  AT: Beh, noi ci stiamo autoproducendo. Noi abbiamo fatto dei tentativi con una major della quale non faccio il nome ma... questa cosa di cui parlavamo prima, l'appiattimento... non c'era nessun interesse.. RR: Si aspettavano i balletti sul palco?  AT: Si, era come avergli portato.. RR: Le Spice Girls..
AT: Si, nessuna reazione, "si, vediamo"... ma sai cosa ti dico? Ce lo facciamo noi e questo stiamo facendo...RR: Parliamo un po' anche del disco nuovo. La prima parte è dedicata al materiale storico, mentre il secondo cd, "Geometrie", contiene esperimenti che avete voluto tentare sul palco. Le vorrei chiedere come è nata questa parte dello spettacolo e se mi vuole parlare del brano "Aten", rivisitazione di un pezzo di Wayne Shorter ("Nefertiti", nda). AT: "Aten".. ne parlo subito, è un altro nome di Nefertiti. Siccome il brano è "Nefertiti".. RR: Ma non è l'originale.. AT: No, no, all'interno del brano che io faccio c'è "Nefertiti", c'è il tema di "Nefertiti"... io l'ho...come si può dire...faccio una decostruzione, si può dire?, del brano attraverso l'improvvisazione ma mantenendo la struttura armonica e quindi ho pensato che Nefertiti aveva anche degli altri nomi e ho dato questo nome al brano. Per quanto riguarda la seconda parte del cd sono le cose che in questi anni stiamo un po' sperimentando, in teatro specialmente, perché d'estate è un po' difficile acusticamente.. c'è un contrabbasso, Paolo usa certi strumenti.. è tutto molto acustico, quindi il posto ideale per fare questo è il teatro.. ci stiamo ancora lavorando. Questo è un assaggio, è l'inizio di qualcosa che probabilmente si svilupperà e sfocera in qualcos'altro. RR: L'ultima domanda: so che Lei insegna. Le è capitato di incontrare giovani musicisti che hanno un particolare talento o che in un modo o nell'altro potrebbero portare avanti qualcosa di nuovo ma paragonabile un po' a quella che è stata l'esperienza degli Area, o comunque ad un certo tipo di ricerca, il cui scopo non sia per forza di cose la vendita del cd?  AT: Certamente. L'Italia è, e io sto parlando soprattutto dell'ambito jazzistico che è quello che ho conosciuto meglio in questi trent'anni, una fucina di talenti pazzesca. Ci sono musicisti giovanissimi, pianisti, contrabbassisti, sassofonisti, giovanissimi e bravissimi e veramente talentuosi che però non hanno la possibilità di esprimersi perché qui in Italia in questo momento non c'è lavoro. E non c'è lavoro anche perché, e questo lo devo dire, tutte queste scuole e anche alcuni trienni del conservatorio per fare numero prendono dentro tutta la gente che arriva senza fare una selezione, per cui c'è un sacco di gente che suona mediocremente che però attraverso facebook, internet e gli inviti va a suonare nei locali gratis o a poco più. E cosa succede? Succede che al gestore del locale poco gli frega della qualità della musica... RR: Basta che mi riempi il locale... AT: Basta che mi riempi il locale. Allora cosa succede? Quelli che fanno ricerca stanno a casa o se ne vanno all'estero.. RR: E quelli che fanno le cover di Ligabue ti riempiono il locale.. AT: Esattamente, e la media della musica è quella che più ha espansione, ahimé, perché questa è un'occasione mancata, un'ulteriore occasione mancata.

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