Uno degli aspetti meno esplorati della musica progressive, forse perché meno suggestivo alle orecchie degli estimatori e al contempo meno stucchevole a quelle dei denigratori, è il cosiddetto progressive-pop, un crossover che ebbe indubbi riconoscimenti anche negli anni ottanta (con gli Asia, per esempio), ma il cui massimo fulgore si ottenne a cavallo fra anni sessanta e primi settanta, grazie a gente come Procol Harum, Deep Purple (mark I, prima dell'avvento di Ian Gillan), Moody Blues, Rare Bird, Curved Air, l'Electric Light Orchestra ed i Supertramp degli inizi, i primi 10cc, pure i nostri New Trolls e Orme.

Anche questi Argent fecero parte della suddetta congrega di progressivi moderati. Erano un quartetto chitarra/tastiera/basso/batteria, con i due solisti entrambi compositori e cantanti. La loro storia visse sostanzialmente nel tira e molla fra l'organista e pianista Rod Argent (il tizio a mollo in piscina, nella copertina subacquea stile Nirvana) e il chitarrista Russ Ballard. La questione stava nel fatto che il primo tirasse verso il progressive, le lunghe parti strumentali, il "famolo strano", il secondo verso il rock melodico e accessibile, la ricerca del ritornello agganciante, la ritmica facile e lineare.

Vinse Argent, che del resto aveva il gruppo intestato a suo nome, e Ballard se ne andò nel 1974, destinato ad una discreta carriera come solista, non di primissimo piano però confortata da un considerevole e lucroso riscontro come songwriter per terzi: canzoni scritte di suo pugno sono finite nei dischi e nei concerti di Raimbow, Kiss, Roger Daltrey, Nighranger, Frida degli Abba, Uriah Heep, America, Santana, Brian May, Stratovarius e tanti altri.

"In Deep" vede i due galletti ancora nello stesso pollaio: uscì ad inizio 1973 come quarto album dei sette totali pubblicati in carriera. Attacca Ballard con uno dei suoi numeri più ambiziosi e in seguito coverizzati: la suite pop "God Gave Rock'n'Roll To You", un vero tour de force melodico che si dipana fra varie sezioni cantate, corali e strumentali, per un totale di quasi sette minuti. Uscì pure come singolo, pesantemente editato ed accorciato, facendo buona figura nelle classifiche di allora. Il titolo è già tutto un programma per stimolare fantasia e grandeur dei rocchettari convinti, sia quelli sopra che sotto ai palchi; non per niente i Kiss si appropriarono di questa specie di ode rock, facendone una versione bella tronfia e leggermente modificata (tanto da poter aggiungere i loro nomi al credito di Ballard...), riportandola in classifica nel 1992.

Lo smilzo ed occhialuto chitarrista/cantante londinese si esprime al meglio anche nella curiosa "It's Only Money", brano suddiviso in "part 1" e "part 2" (decisamente diverse in quanto a ritmica, arrangiamenti ed atmosfera, ma dal comune argomento lirico) poste in ogni caso consecutivamente nella scaletta dell'album, mentre più modesta appare la sua ispirazione nella ballata conclusiva "Rosie".

La parte centrale del disco è occupata, e dominata, dalle composizioni assai progressive di Rod Argent e dalla sua voce, più rotonda e morbida e meno potente della penetrante ed alta emissione del socio chitarrista. Pur non esagerando come facevano in quegli anni gli Emerson, i Wakeman e compagnia, ce n'è a bizzeffe di svisate di organo Hammond e di pestate di pianoforte in "Losing Hold", Christmas For The Free" e nelle interminabili "Be Glad" e Candle On The River". In questi episodi gli Argent perdono all'istante quell'appeal commerciale assicurato dalla vena del loro chitarrista, creando musica a quel punto vistosamente progressive ma purtroppo senza la capacità visionaria e concettuale, l'originalità e la personalità dei migliori in questo campo.

Ultima e doverosa segnalazione: il ciddì, o almeno la copia in mio possesso, soffre di una pessima masterizzazione, ovvero di scarsa dinamica, poca presenza, alto fruscio analogico di fondo. Peccato, perché in questo modo si perde discreta parte del fascino retrò e in qualche modo ingenuo che esso detiene.
Carico i commenti...  con calma